Quando la schiavitù è mascherata con il lavoro
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L’editoriale della domenica
Credo sia condivisibile, il fatto che nel periodo della Repubblica e dell’Impero romano, la schiavitù, che forniva “energia e lavoro” quasi gratuiti, è stata purtroppo un pilastro fondamentale per dello sviluppo. Oltre duemila anni di storia, non sono stati sufficienti ad annullare completamente la peste infetta dell’estremo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Sono cambiate le modalità, è cambiato il rapporto con la legge (ora è ovviamente un reato), ma il fine non si è discostato radicalmente dal risultato finale. Il fenomeno dello sfruttamento colpisce quasi tutti i settori, ma nell’agricoltura appare molto invasivo, recenti stime indicano un potenziale di oltre 200 mila lavoratori irregolari, in maggioranza assoluta stranieri. Questi invisibili, non di rado subiscono ogni tipo di angherie, ed ovviamente, le donne sono ancora più offese ed indifese. Tramite il caporalato si recluta, si gestisce, si organizza, si sfrutta la manodopera necessaria. Il salario medio varia dai 20 ai 30 euro giornalieri, la giornata di lavoro assorbe totalmente le energie dei malcapitati e dura in linea di massima, dalle 10 alle 14 ore. Il riposo degli invisibili avviene usualmente in strutture fatiscenti, giacigli di fortuna multipli, servizi igienici assenti o indegni. Non sono rari gli eventi che generano orrore, come il bracciante morto, dopo essere stato abbandonato insieme ad una cassetta contenete il suo braccio amputato da uno strumento di lavoro. Recentemente, sono accaduti altri tragici eventi, simili per ferocia e cinismo. Come possa accadere che in un Paese civile e democratico, centinaia di migliaia di persone possano vivere in questo stato senza che “nessuno si accorga”, appare davvero strano. L’agricoltura vale oltre 70 miliardi, la produzione è strutturata ed esistono indici di coerenza che dovrebbero aiutare a circoscrivere le verifiche. Eppure, il fenomeno permane invasivo, così le zucchine, i pomodori, i cetrioli, l’insalata, l’uva e tantissimo altro, solo per rimanere in ambito agricolo, li troveremo ancora a buon mercato e gli illuminati imprenditori che utilizzano tale mano d’opera, potranno continuare indisturbati a gestire i loro squallidi traffici, peraltro, facendo concorrenza sleale agli uomini veri, quelli che il lavorano lo pagano come si dovrebbe. Mi domando come questi “datori di lavoro”, possano continuare a vivere la loro esistenza come se nulla di strano accadesse, come se la normalità fosse quella di rendere schiavi altri esseri umani, affetti da una colpa gravissima ed imperdonabile: quella di essere nati in un luogo meno prospero del nostro.
CARLO ALBERTO PARI