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Let’s start up: essere donne con disabilità e microimprenditrici in Palestina

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
gio 29 lug 2021 18:12 ~ ultimo agg. 26 ago 10:55
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Sono donne Palestinesi. Vivono in Cisgiordania, nei Territori Occupati, in una situazione economica e sociale precaria, aggravata dall’occupazione militare e dipendente dal mercato israeliano e dagli aiuti umanitari. La situazione è ancora più grave per le fasce più vulnerabili della società. Come Samira, Amani, Hiba e molte altre come loro, per le quali la possibilità di vivere una vita facile non esiste. Perché sono donne con disabilità o sono madri di figli con disabilità.

Per loro, all’essere donna in una società fortemente patriarcale, si aggiunge lo stigma della disabilità loro o dei loro figli vista come un marchio, quasi un tabù. Sono oggetto di una forte discriminazione da parte della società.

Inoltre la mancanza di servizi specifici, le barriere architettoniche, il doversi far carico da sole della cura dei figli con disabilità le escludono da ogni possibilità di autosufficienza. Private dell’accesso al mercato del lavoro vivono per sempre in situazioni di dipendenza e mancanza di autonomia economica.

Invece oggi Samira, Amani, Hiba e altre 13 donne Palestinesi nelle stesse situazioni hanno avviato nel territorio 12 microimprese sociali che gestiscono autonomamente. Molte di loro hanno coinvolto nell’attività anche i loro figli disabili. Samira ha aperto un’impresa di catering di cucina tradizionale, Ibtisam un’apicoltura con più di 50 clienti tra i quali anche grossi venditori, Farial ha aperto una lavanderia a secco e si è specializzata nella cucitura e nel lavaggio di tappeti.

È il risultato del progetto “Let’s start up”, gestito dal 2017 in Palestina dall’ONG riminese EducAid, nei Governatorati di Ramallah e di Nablus. Finanziato dall’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), vede tra i partner in loco le due Camere di Commercio e le Università di Nablus e Ramallah . E tra i partner italiani, Yunus Social Business Center dell’Università di Firenze, RIDS – Rete italiana disabilità e sviluppo e Piano Strategico Rimini. 

Creatività e capacità imprenditoriali

Oggi Amani, un figlio con disabilità intellettiva e una figlia disabile, scomparsa di recente, è la prima donna falegname in Palestina. Prima, per la sua passione per il legno, costruiva piccole automobili, oggi con l’intervento di EducAid ha potuto dotarsi di attrezzature e ha avviato una falegnameria che produce anche tavoli e sedie da giardino.

Jawaher, una emiplegia che le paralizza metà del corpo, ha avviato un allevamento di uova biologiche. Ha formato una rete di clienti e organizzato un servizio di consegna.

Samira, con la sua impresa di catering, è felice: “Prima per strada venivo additata come ‘la madre dei disabili’. Adesso mi chiamano per nome, sono Samira, quella che cucina”.

Lara, Hiba, Manal, Ebtisam e Nisreen sono cinque giovani donne con disabilità uditiva, che a Ramallah hanno fondato una microimpresa nel campo della fotografia e dell’animazione. “Dalla nostra disabilità abbiamo imparato che la comunicazione e l’espressione artistica si possono manifestare in molti modi diversi. Ora lo stiamo mettendo in pratica.”

Diventare protagonisti della propria vita

Il modo di operare di EducAid, costituita a Rimini nel 2000 dal Ceis e dalla Cooperativa Il Millepiedi, rifugge dall’approccio assistenzialista. Come spiega Francesca Manzoni, responsabile Progetti estero, due lauree, una in Economia e commercio, l’altra in Sociologia e anni di esperienza nella cooperazione in diversi Paesi del mondo: “Il nostro metodo di intervento non è l’assistenza alle persone con disabilità, ma l’empowerment, cioè farle crescere lavorando insieme a loro fino a renderle autonome. Questo significa il rafforzamento individuale delle persone, lo sviluppo delle loro potenzialità e capacità. Un percorso di emancipazione personale e di formazione che gli permette di riscattare la dignità attraverso la valorizzazione delle proprie attitudini e il lavoro. In Palestina abbiamo trovato molta collaborazione e sensibilità a queste tematiche anche nei partner locali, come Aswat Society e Rantis Young Ladies Society, organizzazioni attive nella promozione dei diritti delle persone con disabilità.”

EducAid, non assistenza ma coinvolgimento

Il metodo e i risultati del progetto “Let’s start up” si possono riassumere così:

– oltre 4 anni di lavoro per selezionare, formare e affiancare le donne in un percorso di empowerment

– 8 organizzazioni italiane e palestinesi partner

– 47 business plan elaborati dalle partecipanti

– 10 comunità coinvolte

– 12 imprese sociali costituite

– 16 donne guidate verso l’indipendenza economica e il riconoscimento sociale.

Continua Francesca Manzoni: “Abbiamo seguito un percorso manageriale e trasparente, a partire dal processo di selezione dei progetti da sostenere. Abbiamo aperto una call per raccogliere i business plan. Tutte le partecipanti sono state accompagnate in ogni fase dell’elaborazione del loro progetto. Alla fine ne sono arrivati quasi cinquanta.”

Abbiamo organizzato percorsi formativi per le start-up selezionate, sia nella gestione dell’impresa che in quella finanziaria. Quindi formazioni individualizzate per i vari settori d’impresa, stage e giornate di incontro con altre donne. Ma tutte le donne interessate a sottoporre le loro idee a “Let’s start up” sono state accompagnate fin dall’inizio. Per tutte c’è stato il supporto di consulenti nel mettere a fuoco il loro progetto, verificarne le potenzialità e infine per l’elaborazione dei piani aziendali. “Il coaching di EducAid ha orientato le donne anche a individuare idee di impresa più innovative e di maggior impatto sociale. E ha distolto la loro attenzione dall’essere donne con disabilità, focalizzandola sulle loro capacità e potenzialità, sul loro diritto di accedere ad opportunità di lavoro.”

Ce l’hanno fatta: sono diventate imprenditrici di se stesse.

Continuare a sostenere le microimprese

Poi, però, è arrivato il Covid, oltre un anno di pandemia che ha travolto il mondo e ancora di più i Paesi in difficoltà come la Palestina. “Adesso è fondamentale non abbandonarle,” spiegano a EducAid.

Il programma prevedeva di portare in Italia le nuove imprenditrici per scambi di esperienze e per creare contatti commerciali. Ma tutto si è bloccato. Quindi si è deciso di utilizzare i fondi stanziati per aiutarle a sostenere la loro attività in loco e comprare nuove attrezzature.

Non vogliamo lasciarle sole nella fase delicata del passaggio verso la piena autonomia, reso ancora più difficile dagli effetti della pandemia.”

Per aiutare queste nuove microimprese al femminile, EducAid ha quindi avviato una campagna di raccolta fondi, appoggiandosi alla più importante piattaforma internazionale di crowfunding: https://www.gofundme.com/f/lets-start-up-imprese-al-femminile-in-palestina, con questo invito, rivolto a tutti:Se puoi, aiutaci. Se puoi, dona.”

di Rossella Giovannini, giornalista, volontaria e socia di EducAid