Indietro
menu
Attualità Provincia

Giovani, laureati e diretti in Inghilterra o Germania. 22mila i riminesi con la valigia

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 7 ott 2016 15:55 ~ ultimo agg. 8 ott 14:25
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 2 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Sono circa 300 i riminesi che nel 2015 sono espatriati per cercare opportunità all’estero. La provincia, in base a quanto si evince dal “Rapporto Italiano nel mondo 2016” stilato dalla Fondazione Migrantes con oltre 22mila residenti all’estero complessivi è al 22esimo posto in Italia in una graduatoria guidata dalle grandi città. Rimini è quarta in Regione dopo Bologna, Parma e Modena. Il Comune di Verucchio è quello con la percentuale di migrazione più alta, il 10,8%, e stacca Rimini (6% con 9.159 cittadini all’estero) e realtà come Riccione e Santarcangelo (entrambi intorno al 5,3% sul totale di abitanti). Si tratta, tra l’altro, di numeri sottostimati visto che non tutti gli italiani all’estero chiedono di comparire nella lista dell’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) o di cambiare residenza. Qual è l’identikit di chi decide di cercar fortuna lontano da casa? Si tratta soprattutto di giovani, spesso laureati, che si trasferiscono prevalentemente in Gran Bretagna o in Germania, per trovare nuovi stimoli e maggiori opportunità di realizzazione personale e professionale. Quasi la metà dei migranti riminesi (42%) ha tra i 18 e i 34 anni e resta all’estero in continuità con periodi di studi o stage. “Emigrazione qualificata in grado di competere nei mercati occupazionali più specializzati in tutta Europa” – commenta l’assessore alle politiche giovanili Mattia Morolli – “accanto a cui convivono però anche segnali di una emigrazione vecchia maniera, legata a fenomeni di impoverimento.”Auspico però – conclude l’assessore – che, sopratutto a livello nazionale, si lavori per creare anche i presupposti per un ritorno in casa sia di quei giovani più formati, perché il rischio è veder sfumato l’investimento formativo fatto per loro in Italia, sia di quelli più in crisi, perché significherebbe aver trovato un maggior equilibrio tra mercato del lavoro, politiche famigliari e welfare. A questo obiettivo devono concorrere pure i singoli territori. Penso ad esempio all’area riminese che deve sempre più orientare il suo sviluppo e la sua economia su reti imprenditoriali ad altissima specializzazione, fondate su settori come quello della ricerca e dell’innovazione che portano con sé assorbimento di laureati e di altissime competenze