Guerra o pace? C'è solo una risposta possibile


L’editoriale della domenica
Indipendentemente dalla Fede religiosa e dagli ideali politici, la risposta alla domanda posta nel titolo appare univoca: PACE! Sostanzialmente, la nostra Europa parrebbe assolutamente pacifista. A questo punto, la domanda da porsi, che crea di converso diversità di pensiero, è banale, ma complessa: come si alimenta la pace?
Provo a fornire delle risposte, con il solo fine d’indurre la riflessione dei lettori. Per ridurre il rischio di conflitti, ad ogni livello, è necessario rendere inappetibile e problematica l’aggressione. Purtroppo, seppure auspicabile, non è la bontà il mezzo dirimente, ma è necessaria la deterrenza, che si ottiene con mezzi idonei ed adeguate capacità professionali. Per cercare di spiegare la deterrenza, parto da un episodio di vita personale. Alla fine degli anni ’70, in qualità di Carabiniere, ero distaccato alla base Nato allora di stanza a Rimini, svolgevamo un servizio estremamente delicato e di fiducia, a noi, era affidato il controllo diretto di un perimetro, ove nessuno aveva accesso, salvo i militari incaricati, in buona parte americani. Nell’area, erano perennemente pronti a decollare in pochi secondi, diversi aerei da guerra, già allora, armati con quello che non voglio neppure scrivere, ma che il lettore può facilmente intuire. Erano gli anni della “guerra fredda”, la capacità bellica delle due superpotenze mondiali, presumibilmente si eguagliava, la deterrenza è stata determinante per mantenere la pace, seppure con rischi elevati, ed a volte, vicini al disastro totale. Del resto, a tutti piacerebbe un mondo bucolico e senza armi, ma in questo momento, ci sono circa 60 conflitti in corso e tra i belligeranti, neppure quelli che hanno subito atroci genocidi in passato, appaiono oggi attenti e controllati nella gestione delle reazioni, che spesso, colpiscono persino civili incolpevoli ed indifesi. Credo che questo brevissimo sunto sia sufficiente per comprendere l’importanza della deterrenza, salvo pregiudizi, a volte motivati da rispettabili e nobili ideali, ma difficilmente comparabili al necessario pragmatismo.
Detto questo, credo comunque che non sia necessario il prospettato riarmo europeo, quell’enormità di denaro, soprattutto nel nostro caso, sarebbe presumibilmente ad ulteriore e pericoloso debito, eventuali spese in eccesso, sarebbero ben più auspicabili per la sanità, il welfare, la ricerca, l’assistenza, l’istruzione, fulcri fondamentali della nostra cultura e della nostra civiltà. Per
un’efficace deterrenza, sarebbero a mio avviso sufficienti investimenti assai più modesti, o meglio ancora, una spesa unificata e ben gestita. Ad esempio, la spesa militare globale dell’Europa è significativamente superiore a quella della Russia, ma abbiamo una deterrenza infinitamente inferiore. Concludendo, anche nell’ambito della Difesa è ormai improcrastinabile un Europa
unita, indispensabile anche per l’economia, la politica, la ricerca e tanto altro. Di certo, divisi perdiamo efficacia, moltiplichiamo i costi ed aumentiamo i rischi, non solo di carattere bellico, forse e mi auguro il minore, ma soprattutto, dobbiamo difendere la nostra libertà, il benessere, la civiltà, la sanità universale e tutte le conquiste acquisite nel tempo, per noi assodate, mentre ancora oggi, pochi Paesi nel mondo le possono vantare.
Ritornerò a scrivere dopo le festività, Auguro a tutti i lettori una Pasqua serena.
CARLO ALBERTO PARI