50 anni dall'Oscar di "Amarcord": esposizione di inediti al Fulgor


Los Angeles, 8 aprile 1975, la notte degli Oscar, esattamente cinquant’anni fa. In quella data, per la quarta volta, Federico Fellini viene incoronato dall’Academy per il miglior film in lingua straniera. Non era mai accaduto e continua ad essere qualcosa di unico nella storia del cinema. Dopo La strada, Le notti di Cabiria e 8½ è la volta, appunto, di Amarcord. Fortunatissimo titolo, che come altri nomi felliniani, La dolce vita e Paparazzo anzitutto, non solo sono entrati nel vocabolario della nostra lingua, ma sono diventati tra le parole italiane più diffuse nel mondo, al pari di pizza e spaghetti. Eppure quel titolo non è stato il primo a cui ha pensato Fellini assieme all’altro sceneggiatore del film, il poeta Tonino Guerra: prima c’erano stati, ad esempio, “Nteblig!”, troppo esoterico, “Viva l’Italia”, troppo retorico, e ancora, “Romagna”, il titolo del primo annuncio di questo nuovo lungometraggio, nei giorni di presentazione del film Roma, e poi “Hammarkörd: l’uomo invaso”, nome esotico per depistare i giornalisti in cerca di notizie e curiosità sul nuovo progetto. Ma di tutti i titoli papabili quello che ha resistito più a lungo e che si ritrova trascritto in diversi materiali di lavoro è “ll borgo”, o in una sua ancor precedente versione dialettale, “E bourg”. Della sceneggiatura del film, quando ancora il titolo era appunto “Il borgo”, l’archivio del Fellini Museum possiede e ha esposto in passato le copie dattiloscritte appartenute a Giuliano Geleng e a Norma Giacchero, due collaboratori storici del regista, ma da oggi, grazie alla generosa concessione della Fondation Fellini pour le cinéma di Sion e del suo Presidente Stéphane Marti, l’archivio acquisisce tre preziosi e rarissimi documenti, che da martedì 8 aprile e per una settimana saranno esposti al Palazzo del Fulgor: il trattamento di 60 pagine del film col titolo “E bourg” datato maggio 1972; un dossier di 18 pagine sul film in lavorazione e sugli attori coinvolti, preparato dall’ufficio stampa della produzione e quasi certamente da attribuire a Liliana Betti; e, infine, la scaletta di 8 pagine, in minima parte poi modificata, del trailer originale del film. Reperti che sommati al dattiloscritto della sceneggiatura già citato, al trattamento del film pubblicato da Rizzoli nel settembre del 1973, dunque tra la fine delle riprese a luglio e l’uscita a dicembre, alla sceneggiatura desunta ed edita da Cappelli nel 1974, e ai ritagli di stampa raccolti da Giuseppe Ricci e pubblicati due anni fa su committenza del Fellini Museum, consentono di ricostruire con maggiore precisione il processo ideativo di questo capolavoro che ha regalato, come ha scritto Tonino Guerra, l’infanzia al mondo e fatto di Rimini, come è stato detto, una nuova Itaca, un’Itaca moderna, il luogo da cui si è partiti e al quale sempre si vuole tornare, un luogo dell’anima prima che una destinazione turistica.
Da martedì 8 aprile, nel giorno del 50esimo anniversario del premio Oscar come miglior film straniero, il Palazzo del Fulgor sarà aperto con ingresso gratuito (11 – 17 chiuso lunedì non festivi).