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indagate per omicidio colposo

Bimbo morto dopo il parto in casa, le ostetriche: "Caso complesso, chiediamo rispetto"

In foto: il palazzo di giustizia di Rimini
il palazzo di giustizia di Rimini
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 1 mar 2025 15:25
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Attraverso le loro legali, le avvocatesse Martina Montanari e Chiara Baiocchi, le ostetriche libere professioniste, indagate per la morte del piccolo Alessandro, rompono il silenzio. E lo fanno per chiedere “prudenza, sensibilità e rispetto” in un caso complesso, dove la stessa accusa aveva chiesto inizialmente l’archiviazione nei loro confronti. “La prudenza è necessaria ed obbligatoria nel valutare vicende giudiziarie certamente molto complesse come quella che ci riguarda, le quali si basano su altrettanto complesse valutazioni scientifiche – spiegano i difensori delle ostetriche – Che si tratti di vicenda delicata e controversa lo dimostra il fatto che il decreto di citazione a giudizio del pm è giunto dopo una sua richiesta di archiviazione (opposta dai familiari) ed un’ordinanza del gip che ha ordinato al pm di formulare delle accuse. In sostanza, non c’era accordo in merito alla responsabilità delle ostetriche e, in particolare, sul fatto che il decesso del piccolo Alessandro fosse con certezza ascrivibile alle condotte assistenziali e non a cause diverse e non evitabili da parte delle professioniste.

Dubbi ed incertezze, secondo la difesa, “nascevano da una corposa e molto articolata consulenza collegiale disposta dal pm e redatta da scienziati di chiara fama e cristallina competenza che, dopo mesi di lavoro e confronto con i consulenti delle difese ed all’esito di ben 124 pagine di argomentazioni scientifiche, concludevano ritenendo che nessuna delle condotte ostetriche avesse con certezza ‘rilevanza causale nel decesso’. Gli stessi dubbi ed incertezze potranno essere chiariti nel processo e, per questo, riteniamo che il gip ne abbia disposto la prosecuzione”.

Ma la complessità scientifica della vicenda non è l’unico motivo per cui le avvocatesse delle due ostetriche indagate – a cui si è aggiunto nel pool difensivo l’avvocato Cosimo Maggiore del Foro di Torino, che è referente legale dei consigli dell’Ordine delle ostetriche in Italia – invitano tutti alla prudenza nei giudizi: “Quando pende un processo penale, in particolare di responsabilità sanitaria, – affermano – ci sono più beni che vengono in gioco: c’è l’esigenza di un accertamento sereno dei fatti, l’esigenza di rispetto e sensibilità per i sentimenti delle persone offese e la loro richiesta di giustizia e, non ultima per importanza, c’è l’esigenza di rispetto e sensibilità per i professionisti sanitari, in questo caso ostetriche di conosciuta competenza e capacità professionale, ma anche apprezzate per l’umanità e la sensibilità mostrata sempre nell’assistenza prestata alle persone. La loro è una professione tanto complessa quanto meravigliosa che hanno sempre cercato di esercitare con scrupolo, accuratezza e coscienziosità avendo come unico scopo la felicità di mamme, bambini e famiglie. In questo momento e nel prosieguo hanno diritto alla serenità ed alla sicurezza di un processo giusto ed equilibrato e non meritano affatto la campagna di odio ed ostilità tramite mass-media e social di cui abbiamo visto il pericoloso innesco e che ha colpito le persone prima delle professioniste, le loro famiglie ed i loro affetti, che rischia di attingere la loro dignità e sensibilità. Tutto questo sarebbe un’ingiustizia. La fragilità dei professionisti sanitari sottoposti a processo penale è un valore da difendere, accogliere ed accudire”.

“Siamo fermamente convinti e ci batteremo per dimostrarlo – concludono le legali – che le ostetriche abbiano agito correttamente ed abbiano fatto scelte assistenziali adeguate e ragionevoli in una situazione molto complessa, il cui esito drammatico potrebbe non essere dipeso dalle loro condotte”.