Oggi, nel Giorno del Ricordo, a Bellaria Igea marina si è tenuta una partecipata cerimonia commemorativa presso il Giardinetto intitolato alle Vittime delle Foibe. Alla presenza dei ragazzi delle scuole e delle autorità, compresa una rappresentanza dei gruppi consigliari di opposizione e di maggioranza, sono state deposte una corona e una targa; inaugurata inoltre un’installazione, composta da pietra istriana, in memoria delle vittime e dei tragici fatti che interessarono il confine orientale nel secondo Dopoguerra. Le stesse vicende sono state oggetto anche della conferenza “Alle radici della violenza: breve e sanguinosa storia dei Balcani dal Medioevo al Novecento”, a cura di Andrea Santangelo ed alla quale hanno preso parte in mattinata gli studenti dell’I.C. “Rita Levi Montalcini”.
La città di Riccione ha commemorato il Giorno del Ricordo con una cerimonia solenne presso il giardino intitolato a Norma Cossetto, situato tra i viali San Martino, Limentani, Da Verrazzano e la ferrovia. Alla presenza delle autorità cittadine, civili e militari, e della cittadinanza, è stata deposta una corona di alloro in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, rinnovando l’impegno della comunità nel custodire e tramandare la memoria di questa dolorosa pagina della storia italiana.
Il Giorno del Ricordo, istituito con la legge 30 marzo 2004 n. 92, ha l’obiettivo di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. La città di Riccione, da sempre attenta al valore della memoria storica, ha voluto sottolineare ancora una volta l’importanza di questa ricorrenza con una cerimonia che ha visto la partecipazione di cittadini, studenti e rappresentanti delle istituzioni.
La figura di Norma Cossetto, giovane studentessa istriana brutalmente uccisa a soli 23 anni e divenuta simbolo della tragedia delle foibe, è stata al centro della commemorazione. A lei, nel 2022, Riccione ha dedicato uno spazio verde in suo onore, rendendo omaggio anche alla Medaglia d’Oro al Merito Civile conferitale dal presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2005, quale “luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio”.
L’Amministrazione comunale ha rinnovato l’invito a tutta la cittadinanza a partecipare alla commemorazione, ribadendo il dovere di trasmettere alle nuove generazioni la conoscenza e la consapevolezza di questi eventi storici.
L’intervento della sindaca di Riccione, Daniela Angelini:
“Il Giorno del Ricordo ci consegna l’importante occasione per onorare la memoria delle vittime delle foibe e degli esuli istriani, fiumani e dalmati. Ogni 10 febbraio, questa giornata ci richiama al dovere di non dimenticare una tragedia che ha segnato profondamente la nostra storia nazionale.
Oggi, in questa giornata di riflessione, ci riuniamo in questo giardino per commemorare una delle tante vittime di quella tragedia: Norma Cossetto. Una giovane donna di soli 23 anni, il cui sacrificio rappresenta per la nostra città il simbolo di tutte le vittime delle foibe. La sua memoria ci ricorda una pagina della nostra storia che per troppo tempo è stata taciuta e che oggi abbiamo il dovere di trasmettere alle nuove generazioni con consapevolezza e responsabilità.
Norma Cossetto, studentessa universitaria dell’Istria Italiana, iscritta alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova, era una ragazza piena di vita, appassionata di sport, musica e arte. La sua tragica fine, avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 1943, fu segnata da sofferenze inimmaginabili. Venne catturata, brutalmente seviziata, uccisa e abbandonata in una foiba. Nel 2005 le fu conferita la Medaglia d’Oro al Merito Civile come “luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio”. A lei, nel 2022, la città di Riccione ha intitolato questo giardino, affinché il suo nome resti per sempre legato alla memoria collettiva.
Quella di Norma è solo una delle tante storie di dolore e ingiustizia che hanno segnato la nostra storia nazionale. Il dramma delle vittime delle foibe e degli esuli istriani, fiumani e dalmati ci ricorda quanto sia fondamentale riconoscere e preservare la verità storica, senza distorsioni né oblio.
A distanza di ventuno anni dall’istituzione di questa ricorrenza, in un contesto nazionale e internazionale in cui il dibattito sulla memoria storica è più vivo che mai, abbiamo la responsabilità di affrontare queste vicende con rispetto e con uno sguardo rivolto al futuro, affinché le divisioni del passato non si ripetano mai più.
Ricordare significa anche costruire. Il Giorno del Ricordo non è solo una celebrazione del passato, ma un monito per il presente e il futuro. La memoria di quei tragici eventi può e deve essere un seme di pace e di dialogo, fondato sui valori di libertà, civiltà e democrazia. Solo attraverso la consapevolezza storica e il rispetto reciproco possiamo evitare che simili tragedie si ripetano, in Italia e nel mondo.
Oggi, nel nome di Norma Cossetto e di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo, ci impegniamo a custodire questa memoria e a trasmetterla alle nuove generazioni, affinché nessun sacrificio venga dimenticato e affinché il passato possa insegnarci a costruire un futuro di pace e convivenza”.
A Santarcangelo la commemorazione istituzionale per il Giorno del Ricordo si è svolta alla presenza delle autorità civili e militari, nonché della classi 3D e 3E della scuola primaria Pascucci: con l’occasione, la 3E ha preso parte anche a una visita guidata alla mostra fotografica “1944-2024. Per non dimenticare la Linea Gotica e il ricordo di una guerra”, allestita sempre al Musas.
Il discorso della vice sindaca Michela Mussoni
Buongiorno a tutte e a tutti e grazie di essere qui.
Quest’anno, per il Giorno del Ricordo, abbiamo organizzato due momenti di riflessione e raccoglimento: oltre alla commemorazione istituzionale di oggi, giovedì scorso in biblioteca lo storico Andrea Santangelo ci ha spiegato le origini remote dei conflitti che per secoli hanno agitato questa parte di mondo.
Quello che oggi chiamiamo “confine orientale italiano” non è stato sempre com’è ora. Nel tempo si sono susseguiti tanti imperi e altrettanti popoli, dai romani agli slavi, dai veneziani agli austriaci, fino alle due guerre mondiali che hanno portato una serie di frenetici passaggi di potere, discriminazioni e conflitti.
Come ci ha spiegato molto bene Andrea Santangelo giovedì sera, questo dovrebbe aiutarci a capire che non è possibile comprendere la Storia guardando solo all’ultimo pezzetto, agli anni più recenti di una catena di eventi che vanno avanti da secoli. Questa consapevolezza è fondamentale per tutti gli eventi di rilievo della nostra storia, ma vale in particolare per le vicende del confine orientale.
Non a caso, la legge italiana che nel 2004 ha istituito la ricorrenza del Giorno del Ricordo è nata per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani nell’esodo giuliano-dalmata, delle vittime delle foibe e delle vicende storiche del confine orientale”. Una finalità molto articolata, che testimonia la complessità degli eventi di cui parliamo oggi: la data del 10 febbraio, tra l’altro, è stata scelta in quanto anniversario dei Trattati di Parigi, che nel 1947 disegnarono la nuova Europa all’indomani della seconda guerra mondiale.
E qui arriviamo a un punto determinante della questione, ovvero i confini: da sempre fonte di scontri e conflitti nella storia dell’umanità, nel quadrante di Europa situato a cavallo del mare Adriatico i confini sono stati oggetti di variazioni innumerevoli e spesso traumatiche, con tutto ciò che questo comporta. Vorrei far notare come questo tema sia di estrema attualità, in un mondo dove ancora si combattono guerre sanguinose per cambiare i confini, conquistare territori e imporre antiquati principi nazionalistici.
È il caso dell’Ucraina, ma in una certa misura anche della guerra a Gaza: al di là dell’attuale cessate il fuoco, che speriamo duri il più a lungo possibile, quello tra Israele e Palestina è da sempre uno conflitto per la terra. In questo senso, la recente dichiarazione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha affermato di voler trasformare la Striscia di Gaza nella “riviera del Medio Oriente” non andrebbe derubricata a semplice provocazione, ma considerata per quello che è: l’espressione di una volontà inaccettabile.
Non possiamo accettare, in nessuna epoca e a nessuna latitudine, che la guerra diventi lo strumento per spazzare via una popolazione dal luogo in cui si trova, per poi fare di quelle terre quel che si vuole, con buona pace del diritto internazionale alla pace e all’autodeterminazione dei popoli. Anche in questo si vede l’attualità del Giorno del Ricordo: solo per liberare la Striscia di Gaza dalle macerie, stimano le organizzazioni internazionali, potrebbero volerci anni, figuriamoci a ricostruire.
E allora il pensiero va ai tanti profughi e sfollati palestinesi che nessuno vuole, proprio come accadde settant’anni fa agli esuli istriani: 300 mila persone allontanate forzatamente dalla Jugoslavia, dove abitavano, per arrivare in un’Italia dove nessuno li voleva. Le vicende drammatiche di queste persone, che hanno lasciato segni profondi tramandati all’interno delle famiglie per generazioni, sono ancora poco note, ed è nostro dovere dar loro voce e ascolto.
Si tratta di una parte della nostra storia che anche numericamente non si può né si deve considerare irrilevante, perché parliamo appunto di 300 mila persone che hanno pagato sulla propria pelle le conseguenze di quella catena di conflitti e discriminazioni che ho riassunto brevemente all’inizio. Quale lezione possiamo apprendere dai fatti che siamo qui oggi a commemorare? Innanzitutto, di essere sempre vigili nei confronti delle discriminazioni che colpiscono una minoranza di persone, qualunque essa sia.
Creare artificialmente un “nemico”, in questo caso interno, era ed è ancora oggi una strategia fin troppo spesso utilizzata da chi cerca di far leva sulla paura delle persone per ottenere consensi, potere o controllo sociale, che noi dobbiamo contrastare se vogliamo prevenire le conseguenze peggiori che sono sempre dietro l’angolo, per quanto possano sembrare lontane.
E poi l’altra lezione, altrettanto importante, è non essere superficiali quando si guarda alla Storia: informarsi, studiare, documentarsi prima di trarre conclusioni affrettate, non limitarsi a quell’ultimo pezzetto ma risalire alle origini delle vicende, dei conflitti, di quelli passati come di quelli attuali.
Questo, credo, è il meglio che possiamo fare per rendere almeno in parte giustizia alle vittime che commemoriamo oggi. Grazie.