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CGIL: Decreto flussi, i conti non tornano

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
sab 8 feb 2025 11:50 ~ ultimo agg. 13 feb 09:52
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Nell’incontro convocato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, sede di Rimini, il 10 gennaio scorso, alla presenza delle associazioni datoriali, sindacali e della Prefettura, sono stati condivisi i fabbisogni dello scorso anno e avanzata una proposta unanime di aumento delle quote d’ingresso per i lavoratori stranieri da assegnare alla provincia di Rimini nel 2025. La richiesta ammonta a 898 posizioni, di cui 640 per il lavoro stagionale, a fronte delle 700 quote assegnate dal Ministero.

Flussi: i conti non tornano

Ciò che sorprende, dichiara la CGIL in una nota inviata alla stampa è apprendere in questi giorni di fabbisogni che non corrispondono alle domande precompilate dello scorso anno, in particolare a quelle presentate dalle associazioni datoriali dei settori Agricoltura e Turismo, firmatarie del Protocollo d’Intesa.

Lo scorso anno, le associazioni datoriali di questi settori hanno presentato solo 75 domande per il lavoro subordinato stagionale su un totale di 555 precompilate; il Ministero ha poi assegnato 550 quote, coprendo il fabbisogno al 99%.

Diverso è il caso del lavoro subordinato non stagionale, per il quale, a fronte di 460 domande precompilate, sono state assegnate solo 130 quote, con una copertura del fabbisogno pari appena al 28%.
Perché, dunque, i fabbisogni di personale variano a seconda che vengano dichiarati in sede istituzionale o sui media?

Un meccanismo che in ogni caso è da rivedere profondamente

Oltre ai numeri, prosegue la nota della CGIL sulla procedura dei flussi non basta intervenire con azioni di semplificazione. Sebbene possano velocizzare gli adempimenti e il rilascio del nulla osta e dei visti d’ingresso, non sono soluzioni adeguate a tutelare le persone e il loro diritto a un lavoro regolare nell’ambito della mobilità.

Una prima azione necessaria sarebbe l’introduzione di una procedura di regolarizzazione per tutti i settori economici e produttivi, e non solo per l’agricoltura e il lavoro domestico, come previsto nel 2020. Inoltre, l’istanza di regolarizzazione dovrebbe poter essere presentata non solo dalle imprese, ma anche da chi lavora o ha lavorato: l’attuale sistema si sta rivelando insufficiente e inadeguato.

L’attuale procedura dei flussi dovrebbe essere superata per permettere un accesso continuo alle regolarizzazioni, basato sul fabbisogno reale. Questo dovrebbe includere la possibilità di accedere ai flussi anche per chi è già presente sul territorio nazionale, come avvenuto nel 2021. Ciò creerebbe un canale qualificato per far emergere situazioni di irregolarità che altrimenti rischiano di sfociare nello sfruttamento lavorativo.

L’incremento delle quote, senza una revisione della procedura e del quadro normativo che regola il rapporto tra lavoro e migrazione, non ha risolto il problema dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Inoltre, il sistema del “click day” continua a essere inefficiente e casuale.

È necessario un cambio di impostazione: la ricerca di lavoro dovrebbe presupporre la libertà di ingresso sul territorio nazionale, ad esempio attraverso un permesso di soggiorno per ricerca di occupazione, con una durata definita e regole simili a quelle per l’attesa di occupazione. Allo stesso tempo, le aziende dovrebbero poter valutare candidature attraverso liste dedicate, corredate da curriculum e bilanci delle competenze, consultabili presso ambasciate e consolati nei Paesi di origine.

L’obiettivo deve essere quello di costruire un sistema di gestione e canalizzazione della domanda di lavoro, attualmente inesistente al di là delle dichiarazioni ufficiali. Un sistema con regole condivise, principi chiari e trasparenti, in grado di contrastare lo sfruttamento lavorativo causato dagli attuali meccanismi.

I cambiamenti sono necessari e devono considerare il valore che i migranti, anche con competenze medio-basse, apportano alla crescita economica e sociale dell’Italia e dei loro Paesi di origine. È fondamentale riconoscere i vantaggi del lavoro regolare, tra cui l’incremento contributivo e fiscale, la riduzione di spazi per aziende scorrette e mediatori illegali, e la lotta contro la criminalità che si insinua nelle pieghe normative, alimentando sfruttamento, irregolarità e tratta di esseri umani, minando la dignità e la libertà delle persone migranti.