In vista dell’8 marzo, la presidente del consiglio comunale di Rimini Giulia Corazzi ha scritto una lettera aperta in cui pone anche alcune riflessioni su un recente episodio riportato dalla stampa nazionale in cui una consigliera comunale ha invitato una collega a dimettersi perché incinta.
“Gentile redazione,
si deve forse dichiarare se si è madri quando si accetta di sedersi nei banchi di un Consiglio Comunale? A pochi giorni dall’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, un episodio apparso sulla stampa nazionale ci costringe a scontrarci con questa domanda: durante una recente seduta di un’assemblea comunale, una consigliera ha invitato infatti un’altra donna a dimettersi perché incinta. Sono frasi che, oltre a lasciarci un certo senso di incredulità, ci riportano a pregiudizi stantii e ingabbianti, ma purtroppo mai del tutto lasciati alle spalle, sintomo di quanto certi modelli culturali siano ancora profondamente radicati. Si tratta di una evidente contraddizione: da un lato si parla di ‘sostegno alla natalità’ e ‘inverno demografico’, dall’altro si continua a riproporre l’idea che la maternità non sia conciliabile con un incarico pubblico o un qualsiasi percorso professionale
A Rimini, ad esempio, abbiamo previsto la possibilità di collegarsi da remoto al Consiglio (che conta 22 uomini e 11 donne) per chi ha una motivazione valida, venendo incontro non solo ai giovani, che spesso sono studenti fuori sede, ma anche ai genitori, padri e madri, indistintamente. Non a caso, questa opportunità ci viene richiesta molto dai padri, a dimostrazione che la cura della famiglia non è e non deve essere solo una prerogativa femminile. L’idea che sottende lo strumento è infatti quella di superare la vecchia liturgia secondo cui è la donna che deve rinunciare, fare un passo indietro, mettersi da parte. Per costruire una società più giusta, servono misure concrete: potenziamento dei servizi per l’infanzia, politiche di conciliazione e congedi di paternità, licenziando – questo sì – il preconcetto che scarica solo sulle donne le scelte familiari.
Eppure, l’uscita di quella consigliera ci obbliga a fare i conti con un l’idea che non sia possibile conciliare maternità e carriera, lavoro e famiglia. È un luogo comune radicato in un sistema da cui discendono disparità economiche e professionali che le statistiche ci confermano puntualmente.
È responsabilità di tutte e tutti noi combattere questi stereotipi e proporre modelli di vera parità, dando le stesse possibilità a uomini e donne, a madri e padri. Per farlo, mi auguro che sempre più enti locali, come quello riminese, sperimentino soluzioni volte a migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e personale. In quest’ottica, il collegamento da remoto può favorire e ampliare la partecipazione, offrendo una flessibilità utile a chiunque ne abbia bisogno e contribuendo a un cambiamento che ci riguarda tutte e tutti“.