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Ventura: sentenza monito

Molestie sessuali su dipendente pubblica. La Cassazione conferma condanna ad ente locale

In foto: Adriana Ventura
Adriana Ventura
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 9 gen 2025 15:39
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La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza del 21/12/2024, ha confermato la sentenza della corte di Appello di Bologna dell’ottobre 2023 che condanna un Ente locale della provincia di Rimini, riconoscendo in capo allo stesso la discriminazione di genere a seguito di molestie sessuali subite da una propria dipendente nel 2020 ad opera di un collega di lavoro. Grande soddisfazione è stata espressa dalle avvocate Tatiana Biagioni e Anna Danesi, con studio a Milano, che hanno assistito la lavoratrice e la Consigliera di Parità della Provincia di Rimini, che ha seguito il caso fin dall’inizio.

La Cassazione – commenta la consigliera di Parità della Provincia Adriana Ventura -, rigettando il ricorso dell’Ente, ha fatto riferimento anche ai principi della convenzione del Consiglio di Europa che richiama l’impegno degli Stati membri ad assicurare le tutele riconosciute nella convenzione stessa, in particolare sull’eliminazione della violenza e delle molestie nei luogo di lavoro, assicurando ogni misura di protezione alle vittime. Questa decisione oggi assume un valore molto importante, stante un momento che storicamente vede un significativo incremento dei fenomeni di violenze e molestie in ambito lavorativo”.

Nel 2024 all’ufficio della Consigliera di parità sono arrivati tre casi di questo genere. “Questi fenomeni ricorrenti che i dati fotografano impongono di tenere alta l’attenzione e di dotarsi, ciascuno nel proprio ambito, di strumenti in grado di prevenirli e contrastarli. È noto, infatti, che le condotte improprie possono pregiudicare non solo la sfera individuale della vittima (dignità, autostima, percezione di sé, l’intimità, l’attività lavorativa e la carriera), ma anche la vita di relazione e la comunità di cui si è parte. È opportuno, dunque, richiamare con forza la responsabilità del datore di lavoro, che ha l’obbligo di tutela dell’integrità fisica e della personalità morale dei lavoratori e delle lavoratrici, garantendo agli stessi la salute e il benessere psicofisico. Questa sentenza rappresenta quindi un vero e proprio monito”.