Medici di base dipendenti delle case della salute? Snami: grave errore
E’ di qualche giorno fa la notizia che i medici di famiglia potrebbero essere assunti come dipendenti subordinati della nuove case della comunità che stanno sorgendo in tutta la regione. Una proposta a cui il sindacato Snami, già critico nei confronti di questi nuovi luoghi della sanità, si contrappone con forza. Tramite il suo Consiglio Regionale fa sapere che si tratterebbe di un grave errore che “comprometterebbe sia qualità e l’efficienza del nostro sistema sanitario territoriale a meno che non sia ribaltata su di esso una vagonata di miliardi“.
“Questa soluzione nel contesto attuale appare come una toppa peggiore del buco, capace solo di aumentare le criticità esistenti senza affrontare i veri problemi della medicina di base. Si cambia il contenitore senza ragionare dei problemi del contenuto e del sistema, realizzando uno scenario paradossale: nemmeno negli ospedali i medici rimangono più come “Dipendenti-Subordinati” ai vari nominati, spesso con ampia ingerenza politica, l’esplosione del crescente e per nulla revertito fenomeno dei gettonisti ne è testimonianza lapalissiana, e si vorrebbe, invece che correggere i problemi, moltiplicarli su tutto il sistema sanitario“.
E ancora: “i Medici di Famiglia, con sempre crescenti difficoltà inserite da una decennale governance priva di visione strutturale, svolgono e dovrebbero poter continuare a svolgere il ruolo fondamentale di garante degli interessi dei cittadini presi in carico, liberi e autonomi da gerarchie come chiunque sia esercente una professione liberale. Voler oggi trasformare questi professionisti in “dipendenti” delle delle Case della Comunità significa in ultima analisi snaturare la loro funzione primaria ed il loro ruolo di garanzia autonoma.
Parole non meno morbide sulle Case della Comunità: “frutto ed evoluzione di un vecchio e utopistico progetto politico del centrosinistra, rischiano di diventare centri poliambulatoriali sovraccarichi e soprattutto impersonali, forse capaci di erogare prestazioni in una logica industriale più che “aziendale”, ma incapaci di rispondere efficacemente alle esigenze di relazione
e di vincolo fiduciario che i cittadini meritano e che la letteratura ci dice essere fondamentale parte della cura”.
Le soluzioni, dice il sindacato, sono altre: potenziare le funzioni e le competenze attribuite ai medici di base, standard di accreditamento delle prestazioni da erogare, semplificazione dei processi amministrativi, solo per citarne alcuni. “E’ fondamentale riscrivere la figura del medico di famiglia in senso migliorativo, non in senso distruttivo, come pilastro centrale del sistema“.