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Il fuoco, sotto la cenere delle proteste

repertorio

L’EDITORIALE DELLA DOMENICA.
IL FUOCO, SOTTO LA CENERE DELLE PROTESTE

Nel mio primo articolo del 2025, proverò a sintetizzare positività e negatività di ciò che stiamo vivendo, da un punto di vista economico, ma anche sociale.

La stabilità politica ha un valore estremamente positivo, anche per l’economia, ed il nostro Paese, al momento, risulta tra i migliori in Europa.

Lo “spread” sui nostri titoli di Stato (semplificando al massimo: il differenziale di rendimento tra i nostri titoli e quelli tedeschi) da diversi mesi si è stabilizzato ad un livello estremamente contenuto, ha garantito e garantisce la nostra tranquillità sui Mercati finanziari, ed un significativo risparmio sugli interessi da erogare.

Nonostante queste due positività, non certo banali, la situazione preoccupa, da diversi punti di vista. Le colpe, molto spesso, sono il risultato di sommatorie di decisioni deleterie, molte delle quali derivanti dal passato, alcune più recenti. Eccone una sintesi, spero oggettiva e sufficientemente esaustiva :

La crescita economica langue pericolosamente da troppo tempo. Diverse le cause, più o meno strutturali, di certo, gli attuali prezzi dell’energia e l’elevata tassazione non facilitano la competitività.

Il debito pubblico ha traguardato l’iperbolica cifra di 3.000 miliardi (ritornerò specificatamente sul tema) una vergognosa eredità che colpirà soprattutto le future generazioni, in forma inversamente proporzionale alle possibilità economiche.

Il numero delle persone e delle famiglie in povertà ha raggiunto livelli di allerta sociale (2,2 milioni di famiglie, 5,7 milioni di cittadini). Si cerca di tamponare il disagio, soprattutto con il volontariato, dove la Chiesa Cattolica assume un ruolo primario. Oltre al valore umano delle iniziative, favorisce un consistente risparmio di risorse pubbliche.

Il lavoro è spesso povero e precario, in taluni casi, frutto di norme e contratti dissennati. Di fatto, sembrerebbe che anziché tagliare le spese dello Stato e conseguentemente la tassazione, cercando di rendere più competitive le imprese, nel tempo, in troppi casi, si è tagliata la remunerazione del lavoro.

Le pensioni (una parte) sono severamente compromesse dal parziale blocco della perequazione (adeguamento all’inflazione), attuato da tempo e successivamente confermato, anche per coloro che hanno versato all’ente previdenziale svariati decenni di contributi. Colpire gli inermi che non hanno contratti, ma solo la perequazione per salvaguardare il valore reale delle rendite, è deleterio e deprecabile, mina il futuro degli anziani, nel momento di maggiore necessità : la vecchiaia, ma non sembrano in molti a lottare per ottenere il dovuto.

L’assistenza sanitaria universale è in affanno ed avanza la privatizzazione. Gli aumenti dei finanziamenti alla sanità pubblica appaiono estremamente insufficienti rispetto all’inflazione degli anni passati, servirebbero decine di miliardi di euro, solo per mantenere il valore reale dell’erogato. I “nodi ritornano al pettine” , se non si tagliano drasticamente le spese dello Stato, con un debito pubblico così elevato, difficile finanziare in modo adeguato ciò che è necessario.

Penalizzati persino alcuni risparmi, quelli giacenti sui conti correnti, mediamente oltre 1000 miliardi degli italiani, in tanti casi, frutto di una vita di lavoro, sacrifici e rinunce. Da anni, una parte degli stessi ha una remunerazione media non lontana dallo zero, mentre i tassi sui depositi della Banca Centrale Europea sono stati e sono in linea con l’inflazione. Tutto questo, nonostante l’art 47 della Costituzione tuteli espressamente il risparmio. Servivano e servono norme a salvaguardia, sarebbe stata sufficiente, una semplice, ma obbligatoria riparametrazione ai tassi della BCE.

Tutto questo, non è certo giustificabile con gli episodi di corruzione, o di concussione, o con l’abuso di nepotismo che ha annullato la meritocrazia. A produrre danni ancora più gravi, è stata presumibilmente la ricerca affannosa ed esasperata del consenso. Questa paura divenuta un mantra, può fomentare l’elargizione di costosissimi bonus, privilegi, discutibili finanziamenti alle più svariate attività, detrazioni fiscali di dubbio interesse pubblico e tanto altro. Il tutto, nell’apatia di alcuni che dovrebbero reagire, cittadini compresi, troppo spesso disinteressati ai debiti dello Stato. Purtroppo, l’elevata percentuale di analfabetismo funzionale non depone a favore della comprensione, ma facilita la canalizzazione delle masse negli eventi ludici, distogliendole dalla realtà. Di certo però, le recenti manifestazioni di piazza sono un segnale del fuoco nascosto sotto la cenere, che ha come carburante il disagio economico, sociale e conseguentemente psicologico, oltre alle abnormi diseguaglianze, ormai fuori controllo. Il disamore verso la politica appare tangibile, certificato da un’astensione non lontana dal 50%. Per spegnere i focolai, servirebbe un coraggio che esula dalla ricerca del consenso, estremamente improbabile. Servirebbero svariate riforme e tagli significativi alle spese dello Stato. Solo in questo modo si troverebbero le risorse da canalizzare sulla riduzione del debito, sulla sanità, sul disagio sociale, sull’assistenza, sulla lotta alle diseguaglianze, ma tutto questo, appare patetica utopia.

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