Il 23enne ucciso, una figura da decifrare. Parlano il coinquilino e i vicini
“Condividevamo lo stesso appartamento, ma ognuno aveva la propria camera. Parlava poco, era un ragazzo triste. Se mi aspettavo potesse fare quello che ha fatto? No…”. A parlare è uno dei coinquilini di Muhammad Sitta, il 23enne egiziano che la notte di Capodanno ha accoltellato quattro persone a Verucchio prima di essere ucciso dal comandante della locale Stazione. “Non so se posso raccontare queste cose”, ci dice questo ragazzo iracheno mentre entra nel condominio di Villa Verucchio dove alloggia in un appartamento a piano terra gestito da una cooperativa sociale riminese. Lui, insieme ad un altro giovane somalo, condivideva l’abitazione con Sitta.
“Era un ragazzo strano, solitario, che faceva fatica a guardarti in faccia – ci raccontano due condomine -. Aveva sempre il cappuccio della felpa tirato su e lo sguardo basso. Viveva qua da un paio di mesi, capiva l’italiano ma lo parlava poco. Era successo un paio di volte che andasse a suonare il campanello della condomina che abita al piano di sopra e poi si nascondesse. Lei una volta lo aveva visto e lui si era scusato prima di scappare via. La cosa era stata anche segnalata all’amministratore del condominio. Non sappiamo perché abbia accoltellato quattro persone, cosa gli sia preso. Dispiace perché al di là della gravità del gesto è stato ucciso un ragazzo di 23 anni”. Le due donne poi hanno tenuto a precisare che nessuno dei ragazzi stranieri gestiti dalla cooperativa ha mai creato problemi nel palazzo: “Di solito stanno qua quattro-cinque mesi, poi quando vengono inseriti nel mondo del lavoro vanno a vivere altrove. Ne sono passati tanti nel corso degli anni, ma si sono tutti comportati benissimo”.
Intanto, mentre la Procura di Rimini, che coordina le indagini dei carabinieri, continua a scavare nel passato di Sitta, nel pomeriggio si è svolta l’autopsia, eseguita dalla dottoressa Donatella Fedeli, alla presenza di un perito balistico e di un consulente di parte, quest’ultimo nominato dal carabiniere indagato per eccesso colposo di legittima difesa. Determinante sarà stabilire con quanti colpi sia stato attinto al torace il 23enne egiziano. In totale sono 12 quelli esplosi dal comandante di Stazione (assistito dall’avvocato Tommaso Borghesi), alcuni a terra, altri invece contro il giovane, che ha continuato ad avanzare verso il militare impugnando un coltello dalla lama di 22 centimetri.