I dati diffusi ieri dalla ricerca “Pane e azzardo 2” elaborata da Cgil, Federconsumatori, ISSCON e Regione testimoniano come l’azzardo e i suoi rischi siano un tema quanto mai critico per l’Emilia Romagna. E ci sono voci che chiamano in causa le responsabilità del Governo.
Per Emanuele Cavallaro, Sindaco di Rubiera e Coordinatore tematico promozione della legalità e lotta al gioco d’azzardo di ANCI Emilia-Romagna, “i dati dimostrano il peggioramento di un fenomeno che i comuni dell’Emilia-Romagna denunciano come drammatico. I 9,5 miliardi di spesa in gioco d’azzardo sul territorio regionale sono una enorme ferita per le comunità che amministriamo. Si tratta di una gigantesca fonte di entrata per i concessionari e per lo Stato – il banco vince sempre – e di una enorme uscita per il welfare e la sanità locali, che devono invece curare e sostenere le famiglie dilaniate dalla ludopatia che, lo ricordiamo, è scientificamente una malattia e non una cattiva abitudine. Nella battaglia contro il gioco d’azzardo, i sindaci si sentono spesso istituzionalmente soli: in forza della bella legge fatta dalla Regione Emilia-Romagna, i Comuni si impegnano a chiudere o allontanare sale gioco dai luoghi sensibili, impegnandosi a mani nude in ricorsi e battaglie legali che, per quanto legittime, dimostrano la lacunosità delle norme statali. Peggio è poi sapere che in questo momento, in Parlamento, giace una proposta di riforma del gioco d’azzardo fisico che annulla le leggi regionali, toglie ai sindaci la possibilità – costituzionalmente dimostrata nei casi appropriati – di stabilire gli orari di apertura delle sale, diminuisce i “punti sensibili” da rispettare: con la scusa di “armonizzare” si finirà per fare aprire innumerevoli nuove sale scommesse. Un provvedimento su cui è necessario, semplicemente, invertire la rotta: anche in forza dei numeri in crescita del fenomeno non solo nella nostra Regione. Rivolgiamo in questo senso un appello accorato a tutti i parlamentari emiliano-romagnoli. Anci, insieme a tante altre associazioni e soggetti del terzo settore, è promotore della campagna “Mettiamoci in gioco” che chiede al Parlamento di ripensare a questi provvedimenti. E’ insopportabile il sospetto che lo Stato voglia fare cassa sulle miserie delle dipendenze. Se si tornasse a giocare solo al lotto ed al totocalcio, forse negli uffici dei sindaci arriverebbero meno disperati in cerca d’aiuto”.
Il senatore riminese del Movimento 5 Stelle Marco Croatti parla addirittura di un “governo di biscazzieri” che ha smantellato l’impegno per la prevenzione e che “continua a scommettere sul futuro dei nostri giovani, ad alimentare la piaga dell’azzardopatia che nel nostro Paese e nella nostra regione ha costi sociali sempre più drammatici, a rendere schiave del gioco le persone più deboli e fragili”
“I dati evidenziati dal report sono la logica conseguenza di una politica sfacciatamente a favore della potente lobby delle scommesse portata avanti dal governo Meloni fin dal primo giorno del suo insediamento. Ne è conferma anche la recente riforma dell’azzardo fisico voluta dal ministero dell’economia che prosegue l’incessante opera di smantellamento di tutte le tutele contro il gioco d’azzardo, molte delle quali volute dal M5S e contenute nel decreto Dignità del 2018. Nelle mire del governo ora è finito anche il distanziometro, un deterrente introdotto per impedire la presenza di sale gioco vicino a luoghi sensibili frequentati da giovani e bambini e misura fondamentale nella prevenzione del gioco patologico nelle nostre città. Intanto è stato cancellato anche l’Osservatorio nazionale per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e nella legge di Bilancio 2025 è stato tagliato il fondo vincolato per gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione del disturbo del gioco d’azzardo.
Gli effetti di questa vergognosa azione politica – conclude Croatti – sono evidenti in Emilia-Romagna e a Rimini con numeri che sono sempre più allarmanti: soltanto nella nostra regione vengono giocati d’azzardo 9,5 miliardi di euro all’anno. Una cifra mostruosa mentre sono incalcolabili i costi sociali.” .