Seimila euro per una finta assunzione finalizzata al rilascio del nulla osta d’ingresso sul territorio nazionale, necessario per ottenere il permesso di soggiorno. E’ la somma pagata da un cittadino egiziano che si è rivolto ai carabinieri. E’ così che è partita la maxi indagine dei militari dell’Arma riminesi e dei colleghi del Nucleo dell’Ispettorato del Lavoro, diretti dal sostituto procuratore Alessia Mussi, che hanno scoperto un sistema illecito di reclutamento di cittadini extracomunitari, tutti di origine nordafricana, disposti a pagare per ottenere il permesso di soggiorno.
Successivamente scattava l’individuazione, previo compenso, di imprenditori conniventi per la stipula di assunzioni fittizie (in prevalenza come colf e badanti) e soggetti pronti a fornire, sempre dietro pagamento, domicili fasulli necessari al rilascio del documento di soggiorno. L’atto finale riguardava la ricerca di cittadini comunitari con cui organizzare falsi matrimoni e la richiesta d’indennità di disoccupazione conseguente alle false assunzioni. Di fatto, gli immigrati venivano costretti a massacranti turni di lavoro e posti in condizione di sudditanza psicologica con l’obiettivo di ottenere il permesso di soggiorno. Alcune giovani donne sono state perfino costrette ad avere rapporti sessuali con alcuni degli indagati o con clienti occasionali dagli stessi procurati.
Tra le quattro persone condotte nel carcere dei Casetti, figura un 60enne originario della Basilicata, ma residente a Bellaria Igea Marina, a carico del quale sarebbero emersi anche contatti con la criminalità organizzata. Gli stranieri venivano ospitati in un complesso alberghiero a Bellaria Igea Marina, riconducibile ad una società il cui proprietario e amministratore unico era un prestanome del 60enne. Nelle stanze fatiscenti e non adatte ad accogliere i turisti, venivano sistemati gli stranieri, che pagavano fino a 300 euro al mese, e venivano impiegati nelle più svariate attività lavorative. In alcuni casi, sottolinea il gip di Rimini, Raffaele Deflorio, il trattamento riservato ai lavoratori “in evidente stato di bisogno e clandestini, era decisamente inumano e degradante“.
Figure di rilievo, secondo le indagini, erano anche un dipendente dell’Inps di Rimini di 47 anni, ora ai domiciliari, difeso dall’avvocato Massimiliano Orrù, accusato di favorire le pratiche di accesso ai contributi e sussidi statali; un commercialista di 71 anni con studi a Rimini e a Pesaro, (anche lui ai domiciliari), che sarebbe stato a conoscenza delle intestazioni fittizie delle imprese riconducibili al 60enne e che avrebbe presentato le finte domande per il rilascio dei nulla osta nell’ambito del decreto flussi 2020. E infine un collaboratore marocchino di 59 anni di un patronato di Rimini, attualmente in carcere, che aiutava gli stranieri a presentare le domande pur essendo a conoscenza della falsità dei contratti di lavoro.