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Cadavere nel fiume Uso, si tratta di omicidio

il ritrovamento del cadavere (foto Migliorini)

La Procura della Repubblica di Rimini ha aperto un fascicolo, al momento contro ignoti, per omicidio volontario per la morte del 48enne marocchino trovato cadavere lo scorso 29 ottobre nel fiume Uso, nel tratto compreso tra il comune di Bellaria Igea Marina e quello di San Mauro Pascoli (vedi notizia).

Inizialmente era stato ipotizzato il suicidio, ma le prime risultanze dell’autopsia hanno evidenziato dei segni sul collo e delle lesioni interne che lasciano presupporre una morte per azione di terzi, le cui modalità sono in fase di accertamento. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Alessia Mussi, è affidata al Nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Rimini.

Abderrahman Hamdane, questo il nome della vittima, 48 anni, di nazionalità marocchina, era arrivato in Italia da poche settimane con regolare permesso. Una volta atterrato a Bologna, aveva raggiunto i familiari che vivono e lavorano a Bellaria da anni. Proprio nel Riminese avrebbe dovuto iniziare a lavorare come bracciante agricolo con regolare contratto. Il lunedì successivo si sarebbe dovuto recare in prefettura a Rimini per gli ultimi adempimenti burocratici che gli avrebbero permesso di firmare il contratto di lavoro. Invece alcuni addetti allo sfalcio, che operavano sulla stradina di ghiaia lungo il canale, lo scorso 29 ottobre, poco dopo le 15, hanno notato il corpo riverso a faccia in giù in acqua, poi recuperato dalla Squadra soccorso acquatico dei vigili del fuoco. I primi ad arrivare sul posto erano stati i carabinieri della Stazione di Bellaria Igea Marina, seguiti dagli agenti della polizia Locale.

La morte risalirebbe a poche ore prima del ritrovamento. I segni sul collo lasciano pensare ad un possibile strangolamento, mentre le lesioni interne ad un ipotetico pestaggio, anche se saranno i risultati definitivi dell’autopsia (per i quali bisognerà attendere ancora) a chiarire le cause esatte della morte. Sicuramente quando il 48enne marocchino è finito nel fiume Uso era già morto, perché non è stata rilevata la presenza di acqua nei polmoni. Al momento del ritrovamento aveva ancora addosso il portafoglio, con all’interno pochi euro, e il cellulare. L’uomo, incensurato, era ospite dei cognati (i fratelli e le sorelle della moglie, quest’ultima rimasta in Marocco), gente ben integrata, descritti come dei gran lavoratori, che vivono a 300 metri dal luogo in cui è stato recuperato il cadavere. Difficile allo stato attuale capire chi e perché potesse avere avuto interesse a uccidere un uomo appena arrivato in Italia. Massimo riserbo sulle indagini in corso.

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