30 anni fa gli arresti che fermarono la Uno Bianca. Un convegno del SAP coi protagonisti
All’hotel Ambasciatori di Rimini si è svolto un convegno promosso dal sindacato di Polizia SAP in occasione del trentennale degli arresti che posero fine alla lunga serie di azioni criminali della Banda della Uno Bianca. La svolta, dopo anni di inchieste senza esito, arrivò proprio grazie all’azione di un gruppo di inquirenti riminesi.
Uno Bianca, trenta anni fa la svolta decisiva. Un incontro coi protagonisti
Arrivò nel novembre 1994 la svolta decisiva che portò all’arresto dei fratelli Savi, segnando la fine dell’attività criminale della famigerata banda che per anni seminò terrore e dolore nelle tra Romagna e Marche.
All’incontro pubblico, moderato dalla giornalista Patrizia Lanzetti, c’era il magistrato Daniele Paci, che coordinò il pool riminese dedicato alle indagini. Luciano Baglioni, Sostituto Commissario della Polizia di Stato in pensione, che insieme al collega Pietro Costanza ha avuto un ruolo cruciale nelle indagini, individuando in due occasioni quasi romanzesche prima Fabio Savi, il lungo della banda, poi il fratello Roberto, in servizio alla Questura di Bologna. C’erano i familiari di Antonio Mosca, il sovrintendente di Polizia deceduto per le conseguenze del fuoco sparato dalla Uno Bianca nell’agguato in A14 a Cesena del 1987, prima vittima riconosciuta dei crimini della banda; e Ada Di Campi, che fece parte di quell’operazione insieme a Mosca, Baglioni e Costanza e che rimase ferita.
Tra il 1987 e il 1994, la Banda della Uno Bianca commise 103 crimini, rapine a mano armata ma anche stragi cruente come quella del Pilastro, provocando la morte di 24 persone e il ferimento di altre 114. Una banda che dietro aveva diversi uomini in divisa.
Il pool riminese fu costituito all’inizio del 1994, dopo anni di piste che si rivelarono infondate. Fu sciolto dopo pochi mesi ma la Procura di Rimini acconsentì a dedicare ancora impegno all’indagine che si rivelò determinante.