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Moschea al grattacielo. Il sindaco: una patacata ma si cerchi nuova collocazione

La moschea (foto di Gioenzo Renzi)

E’ stata una mozione del consigliere di Fratelli d’Italia Gioenzo Renzi sulle problematiche del centro islamico a Borgo Marina di Rimini a sollecitare, nella seduta del consiglio comunale  la riflessione del sindaco Jamil Sadegholvaad, che in quel quartiere è cresciuto ed è andato a scuola. Il primo cittadino conviene con Renzi che quel luogo culturale e di culto per la comunità islamica riminese sia totalmente inadeguato. Al di là di fantasiose nuove collocazioni, come il grattacielo, il sindaco propone “un patto trasversale, un gruppo di lavoro che possa accompagnare la comunità a trovare una nuova sede“.

Ciò che si è verificato in questi anni a Borgo Marina è un esempio di mancata integrazione, una dinamica che non è propria della nostra città ma che, come sappiamo tutti, è tipica di tantissimi quartieri in Italia, così come in Europa e del mondo. Se andate a Milano o in qualsiasi altra città anche di provincia potete verificare la presenza di quartieri dove si registra una concentrazione maggiore in percentuale di persone di origine straniera. Non è nulla di nuovo: è lo stesso meccanismo che accadeva al tempo in cui gli italiani espatriavano negli Stati Uniti dando vita alle Little Italy o le Chinatown, o Little india. Fenomeni e tendenze assolutamente spontanee.
Io a Borgo Marina ci sono cresciuto, lì ho imparato ad andare in bicicletta, ci viveva la mia maestra. È un quartiere che conosco e so come si è sviluppato. Mi ricordo il primo italiano che ha venduto la sua attività ad un cittadino del Bangladesh e come da quel momento si sia iniziato a creare l’insediamento commerciale e residenziale.
Persone per bene che hanno agito legittimamente. A tal proposito ricordo un aspetto che molto spesso non appare chiaro: dalla legge Bersani in avanti i Comuni non hanno capacità di pianificazione commerciale, non hanno margini di intervenire. La Legge è questa e non ci sono appigli a cui aggrapparsi.
Probabilmente io sono stato il primo con un nome strano ad entrare alle scuole Ferrari, oggi a stragrande maggioranza frequentate da figli dei cittadini stranieri, con gli italiani che ‘scappano’ da quelle scuole. E’ ancora una volta un’occasione di integrazione mancata: perché se i nostri figli non cominciano ad andare a scuola e a crescere insieme come facciamo a promuovere una integrazione? Quando si parla di Ius Scholae, che sostengo fortemente, è perché è evidente come la scuola sia tra i principali strumenti per una vera integrazione.
Arrivo al tema del centro islamico.
Ho vissuto i dieci anni da assessore alla sicurezza e alla polizia locale so quindi quanti esposti arrivati, poi  sistematicamente inviati alle forze dell’ordine e che hanno scaturito decine di controlli che hanno dato riscontri per cui non c’era nulla da eccepire.
Ma non sfuggo il tema e condivido con lei: credo che quel centro islamico sia assolutamente inadeguato, per le esigenze sia di chi vive il quartiere, sia per chi frequenta il centro stesso. Tant’è che gli stessi responsabili del centro hanno espresso l’esigenza di spostarsi e trovare una nuova sede. Si sono fatte varie ipotesi, l’ultima fantasiosa del Grattacielo che non esito a definire una ‘patacata’, ma è evidente che il tema di una sede dignitosa per la città e per i fedeli sia un tema.
Credo che se veramente vogliano arrivare a trovare una soluzione, una strada possa essere quella di promuovere una sorta di patto trasversale, un gruppo di lavoro che possa accompagnare questa comunità alla ricerca di una nuova sede. Si può fare un patto per lavorare insieme nell’interesse di tutti? Io mi rendo disponibile.
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