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Mancano 65mila infermieri. Chissà perchè? Una riflessione

repertorio

Alcune analisi sulle criticità del sistema sanitario indicano: cercasi 65.000 infermieri, oltre 4.000 in Emilia Romagna. In un Paese nel quale la disoccupazione giovanile è vicina al 20%, sarebbe auspicabile comprendere le motivazioni della carenza. Con sarcasmo, consiglio di partire da un questionario da proporre agli studenti di terza media : “Ti piacerebbe un lavoro per il quale dovrai studiare ed impegnarti in modo significativo, fino ad ottenere una laurea con superamento di una prova del valore di esame di Stato abilitante alla professione, per poi mirare ad un lavoro con elevate responsabilità operative, rapportate ad uno stipendio proporzionalmente scarso, orari mediamente pesanti, con probabili turni notturni e qualche rischio di aggressione verbale e fisica. Il tutto, supportato da rare possibilità di carriera e conseguenti sviluppi retributivi?“. Pensiamo davvero di trovare tanti “Missionari”? Eppure, per le leggi dell’economia, la domanda e l’offerta dovrebbero tendere ad adattarsi. Invece, nel pubblico impiego, esistono professioni con remunerazioni imparagonabili rispetto ad un infermiere, alcune con progressioni di carriera pressoché automatiche. Nei concorsi per accedervi, si presentano migliaia di concorrenti con le caratteristiche richieste, ergo, nessun problema di offerta, anzi, di esuberi. Di converso, la carenza pesiste nelle professioni cui nessuno ambisce, perché troppo impegnative, rischiose, malpagate e con irrilevanti sviluppi di carriera. In sostanza, dove paga “Pantalone” sembrerebbero abiurate le leggi del mercato, a favore di irragionevoli privilegi. E’ raro trovare nel pubblico impiego professioni bistrattate come quella dell’infermiere. E’ vero, altre categorie sono malpagate, ma hanno orari di lavoro imparagonabili. E’ vero, altre categorie hanno rischi, salari ed orari simili, ma non serve un titolo di studio universitario ed un esame di Stato per accedervi. Il ruolo dei giornalisti è quello di esporre situazioni o raccontare eventi, ma servono idee e proposte urgenti e l’orizzonte appare buio, salvo retorica e banalità, supportate dal nulla : “aumentiamo i salari e diminuiamo gli orari”. Tutti d’accordo, ma bisogna spiegare il progetto e dove si prendono i soldi, in un Paese con circa 3.000 miliardi di debiti! Nell’attesa azzardo una proposta. Iniziate a valorizzare come merita la professione, ad esempio, offrendo un percorso utile a tutti, accattivante e d’immagine: permettere agli infermieri laureati di arrivare a divenire medici, validando alcuni percorsi di lavoro e trasformandoli in CFU, o meglio, in EQF, come previsto nelle normative europee, aggiungendo, ove necessario, prove pratiche ed esami di livello universitario. Con buona presunzione, aumenterebbero esponenzialmente gli iscritti alle facoltà di infermieristica, perché avrebbero serie possibilità di carriera e sviluppo significativo delle retribuzioni, sarebbe estremamente positivo anche l’aumento dei medici, al momento assai carenti. Il tutto, senza pesanti ed insostenibili costi pubblici e senza irrisolvibili ripercussioni sul sistema universitario. CARLO ALBERTO PARI

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