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San Giovanni in Marignano

Teatro Massari: presentata la nuova stagione teatrale 2024/2025

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 13 minuti
dom 29 set 2024 13:35 ~ ultimo agg. 28 set 13:46
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È stata ufficialmente presentata, giovedì 26 settembre, la stagione teatrale del teatro comunale Massari a San Giovanni in Marignano, uno dei più antichi della Romagna e che valorizza l’esplorazione di diversi generi e l’espressione di giovani artisti emergenti. Presenti all’evento oltre al Direttore Artistico Cristiano Roccamo della Compagnia Teatro Europeo Plautino, anche l’Assessore alla cultura Federica Cioppi e la Sindaca Michela
Bertuccioli.

La stagione teatrale partirà sabato 7 ottobre con un evento speciale e continuerà con 11 appuntamenti fino al 22 marzo; le proposte di spettacolo sono varie: dalla commedia classica a quella contemporanea, alla tragedia, dal teatro civile a quello commemorativo. Una stagione teatrale ricca che attraversa temi di attualità, con l’obiettivo di interrogare le coscienze, proponendo anche provocazioni e non solo punti di vista stabiliti. Quest’anno è stato dato ampio spazio alla figura della donna con una lettura delle grandi avventure della nostra umanità attraverso lo sguardo femminile. Sono state pensate anche due serate particolari, una dedicata al contrasto della violenza sulle donne con lo spettacolo ispirato a “Le donne di Casa Gramsci” e l’altra dedicata alla Giornata della Memoria, in cui verrà messa in scena la storia della Pantera Nera del ghetto ebraico.

Era già stata avviata una campagna di abbonamenti al buio, che ha avuto un riscontro positivo con 70 abbonati.

I vari spettacoli in programma:

26 OTTOBRE ore 21.00 
LA COMMEDIA DEI GEMELLI 
da “Menaechmi” di Tito Maccio Plauto 
regia Cristiano Roccamo 
in scena Noemi Apuzzo, Vittorio Camarota, Federico Lima Roque, Nicolò Parodi 
costumi Sonia Marianni 
scenografia Giada Morri 
una produzione Teatro Europeo Plautino 

Due gemelli siracusani, Menecmo e Menecmo, separati in tenera età a Taranto e mai più congiunti, si ritrovano nei quartieri intorno al porto di Epidamno. Uno, Menecmo, è giunto ad Epidamno in cerca del fratello scomparso, e l’altro, Menecmo, rapito da bambino si è costruito una nuova vita all’oscuro delle sue origini. 
L’omonimia e l’aspetto identico dei due fratelli genera una serie di fraintendimenti, palesi al pubblico ma ignorati dai protagonisti, che si susseguono dando vita ad un’esilarante commedia degli equivoci dove l’errore e lo scambio di persona scandiscono il ritmo vivace della storia. La messa in scena è fedele alle originarie indicazioni del commediografo latino, padre della tradizione della commedia italiana; l’allestimento è essenziale, gli attori sono quattro e, come da tradizione, i ruoli interpretati sono di più. Sul palco, come nella vita. Teatro Europeo Plautino mette in scena lo spirito plautino per trasmettere ogni giorno la bellezza intramontabile dei classici, le nostre radici umane. Questo spettacolo è proposto anche ai ragazzi delle scuole superiori e viene inserito nel programma didattico come attività trasversale. 

Note di Regia 
Questo testo di Plauto è ritenuto essere fra i più antichi ed esemplari modelli della commedia degli equivoci, in cui i personaggi sono di regola immischiati in un susseguirsi di malintesi perfetti. Anche in questo allestimento, si è lavorato insieme agli attori per costruire uno spettacolo che non fosse solo di parola, quella parola che comunque rimane il pilastro del genio plautino e della nostra commedia dei gemelli. Così come è lecito pensare che nell’antichità le rappresentazione plautine non fossero semplicemente dialoghi (i cantica ne sono un esempio) è stato lecito costruire lo spettacolo usando il canto, la fisicità degli attori, le maschere latine e della Commedia dell’Arte. Lo spettacolo ci fa comprendere come Plauto sia ancora oggi di estrema attualità, nelle parole, nei temi, nei personaggi, ed in tutto ciò che lo spettatore “vive” nel leggere e nell’assistere alle opere plautine. 
Cristiano Roccamo

9 NOVEMBRE ore 21.00 
LA GUERRA DEL SOLDATO PACE – RECITAL 
di Michael Morpurgo 
adattamento inglese Simon Reade 
traduzione e drammaturgia Paola Fresa 
con Daniele Marmi 
regia Emiliano Bronzino 
scene Francesco Fassone 
disegno luci Paolo Casati 
costumi Rosanna Monti 
assistente alla regia Ornella Matranga 
tecnico audio luci Davide Caleri 
una produzione La Filostoccola 

Tommo e Charlie si trovano giovanissimi in trincea, in Francia, a combattere una guerra insensata contro un nemico senza volto. I due fratelli sono legatissimi, si prendono cura l’uno dell’altro, specialmente Charlie che cerca in ogni modo di aiutare e proteggere Tommo. Ed è proprio per amore del fratello, per non abbandonarlo mentre è ferito, che Charlie disobbedisce all’ordine del sergente di uscire ad attaccare il nemico e viene così condannato al plotone di esecuzione per diserzione. La condanna di Charlie vuole essere la testimonianza della morte ingiusta di più di 290 soldati dell’esercito britannico che furono condannati per diserzione o codardia senza tutela legale. È la storia anche di chi non è mai uscito da quell’inferno, è la denuncia di ogni guerra, battaglia, combattimento, ma è anche un piccolo risarcimento letterario dove si elogia il coraggio di aver paura. 

Note di regia 
Il potere evocativo e concreto del teatro è messo a disposizione delle parole e della trama di Morpurgo che riesce con profondità ad affrontare una tematica complessa come la guerra e a risignificare la nostra idea di “coraggio”. La violenza estrema della situazione vissuta, si scontra con la delicatezza dei sentimenti e dell’amore fraterno del protagonista. Lo scandire del tempo e il flusso di pensieri si intrecciano in un viaggio quasi onirico, in cui il teatro è lo strumento preferenziale dell’analisi e del racconto restituendoci la possibilità di seguire i pensieri, le emozioni, le immagini e i ricordi del protagonista per vederli concretizzarsi non solo nelle parole dell’autore, ma anche nelle azioni e nelle emozioni. La costruzione delle immagini di Morpurgo si concretizza così in uno spazio scarno, evocativo e sinteticamente rappresentativo, abitato dalla presenza fisica dell’attore che ci accompagna nel viaggio interiore del protagonista Tommo. Seguendo il suo percorso arriviamo a comprendere la scelta di Charlie, e lo accompagniamo nella ricostruzione di un rapporto di amore che supera l’orrore e la mancanza di senso delle trincee della Prima Guerra Mondiale. La principale lezione che apprendiamo con Tommo è che l’amore riesce a restituire una proiezione di vita anche a una esperienza traumatica come la guerra. 

In occasione della giornata per la non violenza ed il rispetto della donna 
23 NOVEMBRE ore 21.00 
TUTTO TRANNE GRAMSCI 
Liberamente ispirato a “Le donne di casa Gramsci” di Mimma Paulesu Quercioli. 
regia Susanna Mameli 
con Marta Proietti Orzella, Renata Manca 
video Emanuela Cau 
una produzione Anfiteatro Sud 

In scena c’è Teresina, la più piccola delle sorelle Gramsci, forse la preferita, quella con cui Antonio ha condiviso molti momenti della sua infanzia. È lei che, donna fatta, ci restituisce questa parte della storia. Quella di lei bambina e delle sue sorelle e fratelli che ancora non sanno e non avvertono lo strano destino che incombe sulla Famiglia. 
È un omaggio alla figura della Madre di Antonio Gramsci – una sorta di “madre Courage” a tutti gli effetti – che di fronte alle più grandi avversità – si rimbocca le maniche e lavora, lavora, lavora …. s’impegna caparbiamente, fino in fondo. È anche la voglia di raccontare un Antonio meno conosciuto. L’occasione d’interrogarsi su quanto la vita di un uomo sia strettamente intessuta alla vita degli altri tanto da esserne il riflesso, l’estensione, il proseguimento nei gesti, negli ideali, nelle aspettative. Questa vita impastata di relazioni, privazioni, disavventure, e struggimenti onirici fanno delle sorelle di Antonio e di sua madre dei varchi verso il mondo, delle strade da percorrere per rompere l’isolamento del carcere e mantenere il legame verso la sua terra. Teresina, ci regala un Antonio bambino che fragile e determinato coglie le sfide del destino senza esitazioni. E le donne di casa, lo sostengono e lo amano fino al termine dei suoi giorni. 

Note di regia 
Volevo semplicemente consegnare la figura di Antonio Gramsci a coloro che non lo conoscono affatto; sapevo che per alcuni Gramsci, era solo il nome di una via o una piazza, quindi con questo lavoro desideravo che conoscessero le sue origini e rimanessero incuriositi e avessero voglia di approfondire e sapere qualcosa di più su quest’Uomo straordinario, ancora oggi così moderno e attuale da non potersi lasciare incarcerato nei libri che molti non leggono più. Parlando con i ragazzi e ragazze più giovani, dico loro che Antonio Gramsci è il nostro Nelson Mandela, e che la forza che viene emanata da queste rare e luminose personalità non smette di splendere e continuare a dare a tutti noi grandi insegnamenti. 
Susanna Mameli

7 DICEMBRE ore 21.00 
IL CONDOR 
di Gianni Clementi 
regia Massimo Venturiello 
musiche Stefano Delvecchio 
disegno luci Marco Laudando 
costumi Mara Masiero 
una produzione Officina Teatrale 

“Il Condor” è un testo sul ciclismo, vissuto dal gregario. Il gregario, in gergo sportivo, è quello addetto all’aiuto del Capitano. Deve soccorrerlo nei momenti di crisi, tirargli la volata. In poche parole deve immolarsi per la gloria di un altro. E’ pagato per questo. Ma chi, in vita sua, non ha mai pensato di vincere almeno una volta? Chi non ha mai sognato di arrivare sul traguardo per primo? Non è raro che sconosciuti gregari per anni si trasformino improvvisamente in campioni. Quasi sempre sono aiuti chimici che gli consentono di superare il fatidico limite della mediocrità e la cronaca sportiva, e non solo, di questi anni ce lo ricorda giornalmente. E quando “il fine giustifica i mezzi”, spesso le ipotesi di gloria si trasformano in tragedia. Oltre che nel ciclismo, questo avviene anche nella vita e, forse, mai come oggi giorno, in una società come la nostra, competitiva e senza scrupoli, dove solo i vincenti, a qualsiasi costo, sembra abbiano diritto di cittadinanza. E’ un mondo questo che non prevede concettualmente i deboli, anche se ovviamente non ne può fare a meno. “Il Condor” forse solo come pretesto ciclistico per parlare d’altro, ma anche per ricordare odori dimenticati d’infanzia, profumi d’arance spagnole, visioni ad alta quota di una povertà sconosciuta alle nostre rassicuranti latitudini. Resta il sogno del gregario: un desiderio talmente umano da non poter non sollecitare in chi lo ascolta, in uno sfogo ironicamente tragico, un istinto di solidarietà. 

21 DICEMBRE ore 21.00 
GUIDA PRATICA PER COPPIE ALLA DERIVA 
di Michele Riml 
traduzione Monica Capuani 
con Massimiliano Vado e Danila Stalteri 
regia Nicola Pistoia 
una produzione StArt Lab 

È la storia di Alice ed Enrico, coppia matura con figli che vive una crisi all’interno della propria relazione il cui campanello d’allarme principale è la totale assenza di sesso nel loro rapporto. Decidono dunque di passare una notte in un hotel, aiutandosi (sperano!) con un manuale per coppie in crisi che promette di risolvere i problemi di intimità e che invece si rivela solo un goffo espediente che rivelerà problematiche ben più profonde. Decidendo di comune accordo di abbandonare le direttive del manuale e di rischiare andando letteralmente “alla deriva” parlandosi finalmente con sincerità, Alice ed Enrico si riscopriranno più innamorati che mai e – perché no? – anche pronti a scrivere un nuovo capitolo della propria vita di sentimentale e – perché no? – anche sessuale. 

11 GENNAIO ore 21.00 
VUOTI A PERDERE – Confidenze alla bottiglia 
di e con Andrea Lupo 
musica dal vivo Guido Sodo 
canzoni e musiche originali Guido Sodo e Andrea Lupo 
aiuto regia Emanuele Maria Basso 
luci e scene Marco De Rossi 
una produzione Teatro delle Temperie 
con il sostegno della Regione Emilia-Romagna 

Cosa succederebbe se in un strano deposito, situato in qualche dimensione sconosciuta, si raccogliessero tutte le bottiglie svuotate dai perdenti, dagli sconfitti, dalle anime smarrite, dai fragili, dagli outsider, nel corso della loro vita? Bottiglie che, mentre venivano prosciugate dal loro contenuto alcolico, si sono riempite dei pensieri, dei ricordi, delle memorie di chi ci si è aggrappato, lasciandoci dentro – insieme al proprio fiato – un pezzetto di sé. Due strani personaggi si aggirano in questa distesa di bottiglie vuote e ne trasformano il contenuto, uno in musica, l’altro in parole, facendo uscire le storie e le vite che ci sono rimaste incastrate dentro. 

Note di drammaturgia e regia 
Questo spettacolo è un modo per parlare ancora una volta di umanità, un tema che da sempre caratterizza la nostra poetica. Lo facciamo utilizzando quei momenti che spesso ci danno chiavi importanti per capirla nella sua interezza, e cioè quelli di debolezza, fragilità, sconfitta, che prima o poi capitano a tutti nella vita. Mettendoci nei panni di chi ha vissuto queste storie – alcune divertenti, altre commoventi, altre più acide e arrabbiate – è possibile ritrovare pezzi e momenti anche di noi stessi, consolarci, riflettere, esorcizzare la bellezza e la fragilità della nostra condizione condivisa: l’umanità. Questo è quello che fanno anche i due personaggi che vagano sulla scena, che potrebbe anche essere letta come il fondo di un oceano simbolico in cui si sono inabissati tanti messaggi in bottiglia, come se il respiro si fosse materializzato in carta. I due protagonisti vivono le storie che liberano, ne vengono posseduti, accumulano esperienze di umanità. 
Andrea Lupo

In occasione della giornata della memoria 
25 GENNAIO ore 21.00 
CELESTE 
di Fabio Pisano 
Personaggi e interpreti Francesca Borriero, Roberto Ingenito, Claudio Boschi 
Regia Fabio Pisano 
Costumi Rosario Martone 
Disegno Luci Paco Summonte 
Suggestioni sonore live Francesco Santagata 

“la chiamavano ” Pantera nera ” e faceva la spia di Kappler. fu l’incubo del Ghetto, quelli che lei salutava per la strada venivano subito arrestati. Per la vergogna suo padre si consegnò alle SS”. Nel 1925 a Roma, nel Ghetto ebraico, nacque da Settimio ed Ersilia, Celeste di Porto. Non si sa molto di lei, ma alle cronache, su qualche articolo di giornale, qualche ancor non troppo logora memoria tira fuori questa vecchia, impolverata ma spietata storia. La storia della “pantera nera”. Di quella bellissima e fatale ragazzina di diciotto anni che, dopo il rastrellamento del ghetto romano ad opera dei tedeschi guidati da Kappler, decide di diventare una delatrice. Di vendere gli ebrei. I suoi correligionari. Inizia così un vero e proprio periodo buio per gli ebrei del ghetto italiano; coloro i quali venivano “salutati” con un cenno della mano da colei la quale era riconosciuta come una delle più belle ragazze di Roma, non aveva scampo. Per ogni “capo”, lei guadagnava cinquemila lire. E non importa se a finire nelle mani delle camicie nere fossero donne, bambini o uomini. No. La “pantera nera” era indifferente al genere, alle età. Solo la sua famiglia, doveva essere risparmiata. Ma il padre non riuscì a portare questo enorme peso sulla coscienza, e si consegnò alle SS. I fratelli, tra cui Angelo, tanto amato, la rinnegarono. Solo la madre continuò a volerle bene. 

Note di Regia
La storia di Celeste di Porto, nell’infinito panorama delle storie legate al periodo nazista, credo rappresenti un “unicum”, una sfaccettatura totalmente differente dai canonici punti di vista da cui si racconta questo triste avvenimento storico. Celeste è una figura rara, una ebrea, una ebrea che nella sua psiche evidentemente subì lo scatto del classico “istinto di sopravvivenza” che la spinse a commettere atti orribili contro la sua gente. Spietata, sì, e questo spettacolo non ha alcuna pretesa di assolverla, ma di narrare. Di raccontare ciò che lei fece, sforzandosi di immaginare anche il perché, o inventarlo. Perché alcune storie non lasciano traccia, se non una scritta nel muro di una cella carceraria. Una scritta incisa con un chiodo. E con tutta la rabbia di chi non sa. L’inconsapevolezza di chi è allo scuro di tutto. Ebbene, facendo luce in modo coerente, seguendo quindi la voce di un personaggio scomodo ma reale, ci si pone l’obiettivo di un racconto. Di una narrazione che va, esile, ad infilarsi nell’enorme, smisurato, archivio di un periodo storico che verrà ricordato come un periodo malato. 

8 FEBBRAIO ore 21.00 
FIGLIE DI SHERAZADE 
testo, regia e interpretazione Chiara Casarico, Tiziana Scrocca 
allestimenti con le musiche originali di Rosie Wiederkehr (Agricantus) e Ruth Bieri 
scenografia e foto Franca D’Angelo 
sculture Nato Frascà 
organizzazione Laura Gentile 
una produzione NaufragarMéDolce 

Figlie di Sherazade è la storia vera di due giovani donne che si raccontano affinché altre donne possano un giorno vivere in condizioni migliori. Aysha è una ragazza nata in Germania da genitori turchi. Vive a Berlino, dove studia, lavora e si innamora di un ragazzo tedesco. Purtroppo i genitori hanno già deciso di darla in sposa al cugino, come è nella tradizione del loro paese d’origine e così si dà alla fuga. Zoya è una ragazza afghana rifugiata in Pakistan. I suoi genitori, attivisti politici, sono stati uccisi dai fondamentalisti quando lei era piccola. Della sua educazione si occupa una nonna “molto illuminata” che ha fatto di tutto per farla studiare. E così, grazie all’istruzione ricevuta in una scuola femminile clandestina, Zoya cresce nella consapevolezza di voler fare qualcosa per aiutare il proprio paese a risorgere dalla guerra e dal fondamentalismo e decide di tornare in Afghanistan. Così, alla fine della storia, Aysha e Zoya non sono solo personaggi, ma persone che esprimono un disagio comune. Oltre le culture, rappresentano quella fragilità dell’essere che, come un’onda anomala, può distruggere, ma che, attraverso percorsi complessi e drammatici, ricorda semplicemente il valore dell’umano sentire.

22 FEBBRAIO ore 21.00 
CERTI DI ESISTERE 
testo, regia e idea scenica Alessandro Benvenuti 
con Mario Focardi, Maddalena Rizzi, Maria Cristina Fioretti, Matteo Micheli,Bruno Governale, Roberto Zorzut regista assistente Filippo D’Alessio 
aiuto regia Chiara Grazzini 
costumi Tiziano Fario 
ufficio stampa Maresa Palmacci 
una produzione TBM Teatro Tor Bella Monaca

“Non è vero che si vive una volta sola, si vive ogni giorno e si muore una volta sola”. ‘Certi di esistere’ la storia di cinque attori salvati e vissuti da sempre all’ombra di un autore padre padrone che gli ha dato la linfa affinché i destini nati sotto cattive stelle di ognuno di loro si ammantassero delle vesti dorate del successo grazie al suo protettivo talento. Imprevedibilmente tutto questo sembra ad un tratto non avere più senso. Trent’anni insieme per ritrovarsi tra le mani, dono dell’autore un testo insulso, farraginoso, brutto in maniera inspiegabile, un boccone più che amaro intriso di puro veleno. Un elemento imprevisto e indecifrabile che fa saltare tutti gli schemi e getta le loro menti, senza nessun preavviso, in un improvviso e impenetrabile nulla che li costringe a pensare e rivedere, ad uno ad uno i loro giorni passati, in un turbinio di battute sarcastiche, dialoghi comicamente irriverenti, per capire dove e quando, senza che nessuno se ne fosse reso conto, si è persa la strada maestra tanto da ritrovarsi oggi costretti da un vicolo cieco a dichiararsi vinti. Niente però sarà come sembra e la sorpresa vi coglierà impreparati…altrimenti che gusto ci sarebbe ad avervi spettatore.

8 MARZO ore 21.00 
ANTIGONE 
di Sofocle 
regia Cristiano Roccamo 
in scena Adriano Exacoustos, Mauro Ascenzi, Fabrizio Pagliaretta, Giulia Sanna 
scenografia Giada Morri 
costumi Sonia Marianni 
una produzione TEATRO EUROPEO PLAUTINO 

Non è poi così antico il Teatro di Sofocle. Antigone ci racconta il conflitto tra leggi. Può una legge emanata dall’uomo essere migliore di una legge divina? In termini moderni potremmo ricondurre il tutto in una ormai netta separazione tra diritto umano e diritto positivo. Per questo Antigone rimane ancora oggi un testo essenziale, indispensabile ancor più di ieri per comprendere i tempi moderni. In scena non c’è solo Antigone a rappresentare il testo di Sofolce, ma con la forza di quelle antiche parole troviamo al suo fianco le donne di oggi, le quali spesso continuano ad avere meno diritti degli uomini. Antigone è ben capace di riconoscere la differenza tra bene e male, ma non è questo che la differenzia dagli altri, Antigone si distingue perché è la prima donna che denuncia ad alta voce il male del pensiero unico. 

Note di regia 
Lo spettacolo rimane completamente legato al testo originale, i personaggi principali della tragedia e le musiche a supporto della costruzione drammaturgica rendono lo spettacolo di facile lettura e di intimo ascolto per portare lo spettatore ad una riflessione che non sia solo incentrata sulla bellezza del teatro antico, ma soprattutto sulla necessità di tornare al valore dell’essere umano al centro della società. 
Cristiano Roccamo 

22 marzo ore 21.00 
LA LOCANDIERA 
di Carlo Goldoni 
regia Cristiano Roccamo 
in scena Mauro Ascenzi, Adriano Exacoustos, Fabrizio Pagliaretta, Giulia Sanna 
scenografia Giada Morri 
costumi Sonia Marianni 
una produzione TEATRO EUROPEO PLAUTINO 

Mirandolina, donna indipendente ed imprenditrice, gestisce una locanda di Firenze tenendo a bada le lusinghe e le pretese degli ospiti che si dilettano nell’arte del corteggiamento. Ella ben conosce il potere della seduzione e riesce a mantenere il gioco aperto con ogni avventore fino a quando giunge alla Locanda il Cavaliere di Ripafratta, diffidente verso il sesso femminile e schernitore di coloro che cedono alle dinamiche amorose. Un po’ per gioco, un po’ per orgoglio, Mirandolina decide di far innamorare lo scontroso ospite e dà prova di un ars amandi tutta femminile che supera il preconcetto del sesso debole in cerca di denaro o protezione sociale. L’autodeterminazione del sesso femminile è al centro della commedia, Mirandolina è padrona della sua stessa sorte, tanto da scegliere chi far innamorare. Goldoni illumina coraggiosamente le dinamiche dell’animo femminile mantenendo la realtà sociale come cornice salda, la Locandiera deciderà infatti di sposare l’aiutante Fabrizio così come le era stato chiesto dal padre prima di morire, facendo prevalere la lungimiranza della ragione in grado di limitare la miccia imprevedibile delle passioni amorose. 

Note di Regia 
Nella Locanda si raccontano storie, si consumano amori, passioni e vite. E’ un luogo di passaggio in cui, sbirciando dalla finestra, ci si immerge nella bellezza delle relazioni umane con i suoi paradossi resi coerenti dal senso comune. Goldoni ci proietta così nella giornata di una locandiera fiorentina del ‘700, senza introduzioni o fronzoli di contorno. Il testo è una perfetta sintesi tra la commedia antica e la commedia dell’Arte in cui troviamo le caratteristiche e le necessità della società moderna e i personaggi, anche se non sono più in maschera, è come se lo fossero, mettendo in evidenza vizi e virtù dell’umanità di ogni tempo. In questo gli attori in scena rappresentano la tradizione istrionica del Teatro Italiano, un Teatro che lascia liberi di spaziare in argomenti e sentimenti, lazi e circostanze comiche. Come è ormai da tradizione le scene rimangono leggere ed i costumi richiamano la bellezza del settecento. Mirandolina rappresenta i nuovi ideali dell’epoca e così oggi noi, che stiamo vivendo tempi simili, la rappresentiamo come Goldoni scrisse.
Cristiano Roccamo 

Per informazioni e prenotazioni:

http://www.teatromassari.eu 
info@teatromassari.eu 
0541 452775 
WhatsApp 3895405804

Biglietto unico 12€ 
Abbonamento 7 spettacoli 65€ 
Abbonamento 11 spettacoli 95€ 
18APP e Bonus docenti solo per acquisti su vivaticket 
Online: direttamente su vivaticket/teatro massari
In teatro: lun-gio 10.30-12.30 ,via Serpieri 8, San Giovanni in Marignano