newsrimini.it

Maltempo. Sadegholvaad: rimodellare le città significa tempo e risorse ingenti

Jamil Sadegholvaad

Riflessioni ma anche domande. Il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad mette in fila una serie di ragionamenti post – maltempo partendo dai dati che evidenziano l’eccezionalità dell’evento ma anche il fatto che “nell’arco di 16 mesi si sono verificati nella stessa area geografica due eventi calamitosi di portata record.” Quindi “è evidente che i segnali di un cambiamento del contesto naturale in atto ci siano tutti” aggiunge. Sadegholvaad evidenzia poi come Rimini sia stata anche in questa occasione la provincia che ha riportato meno danni per merito anche degli interventi fatti in passato (come i ‘taglio’ del flusso delle acque in centro storico o il deviatore Marecchia) e nel presente (le nuove condotte del PSBO). Dal primo cittadino arrivano poi parole dure sulle polemiche politiche e su chi racconta “bugie di interventi strutturali che si possono fare in poche settimane o in pochi anni“. Per concludere: “rimodellare le città significa tempo e risorse economiche imponenti” e “significa però prendere atto che qualcosa sta già profondamente cambiando intorno a noi e allo stesso tempo che occorre superare anche distanze ideologiche per concentrarsi su quello che serve nel rapporto con il contesto geografico, morfologico e naturale che le città hanno intorno. Questo, a mio modo di vedere, è il compito della politica.”

L’intervento del sindaco di Rimini

Sono numerosi i temi e le domande scaturite dalla nuova ed eccezionale ondata di maltempo che ha colpito da martedì parte dell’Emilia e soprattutto la Romagna. Non mi riferisco certamente alla polemica politica, organizzata per evidenti fini elettorali con le persone e le imprese romagnole ancora nel fango, senza neanche avere il pudore di attendere la fine delle piogge. Pessimo, disgustoso lo sciacallaggio di chi non si ferma neanche davanti al dolore nel tentativo di prendere un voto in più. Non è questa la politica di cui ha bisogno il nostro Paese. Intendo invece i problemi strutturali e amministrativi che queste calamità impongono al dibattito pubblico, italiano e europeo (abbiamo visto che i danni e le vittime che il ciclone Boris ha fatto in mezza Europa: Austria, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria).
Secondo i dati ARPAE, nell’arco di appena 48 ore sono caduti in Romagna 350 millimetri di pioggia. La stessa Agenzia regionale sottolinea come se nel maggio 2023, quando ricorse l’ultima devastante alluvione più o meno negli stessi territori, caddero 400-450 millimetri d’acqua, ciò avvenne in due eventi calamitosi e non in uno come in questi giorni. Vuol dire che da martedì a oggi in Romagna è piovuto di più rispetto all’alluvione del maggio di un anno fa. A Rimini, in 24 ore, nello specifico è caduta più del triplo della quantità d’acqua che cade di media nel mese di settembre, se si considera che la media delle precipitazioni di settembre a Rimini è intorno ai 70 mm e che nel mese di settembre 2024 (dal 1/9/2024 ad oggi) sono caduti 240 – 250 mm, di cui 210 – 220 mm solo nella giornata di mercoledì 18 settembre. Quindi, numeri alla mano, nell’arco di 16 mesi si sono verificati nella stessa area geografica due eventi calamitosi di portata record. Al di là delle opinioni e dei catastrofisti/negazionisti, è evidente che i segnali di un cambiamento del contesto naturale in atto ci siano tutti. Rispetto ad alcuni decenni fa, sono in aumento sia intensità che frequenza di questi eventi. E ciò pone un primo problema strutturale: le città d’Italia, d’Europa, del mondo in cui abitiamo sono state realizzate negli anni, nei decenni e forse nei secoli intorno a un modello e uno scenario che sta mutando rapidamente. E se cambia il contesto naturale devono essere rimodellate le città, sia nel rapporto con la rete fluviale circostante sia in relazione con il reticolo idrico fognario urbano. E rimodellare città e interi territori non è roba da un giorno e da un euro.
Rimini, la provincia di Rimini, anche questa volta ha subito meno danni a persone e cose rispetto al resto della Romagna. A Rimini, anche stavolta, non ci sono stati evacuati e le scuole sono aperte nella giornata odierna. Problemi ne abbiamo certamente avuti e ancora ne avremo (c’è da tenere in stretta osservazione tutta la problematica idrogeologica che riguarda principalmente Valmarecchia e Valconca, non sono mancati casi di allagamenti in strade e case private) ma senza quelle terribili, devastanti immagini che ancora registriamo purtroppo da altre parti della Romagna a cui va la nostra vicinanza e il nostro supporto operativo. E’ chiaro che le situazioni non sono comparabili, ma mi chiedo cosa sarebbe potuto accadere in questi giorni e negli ultimi 20 o 30 anni se non avessimo avuto le nuove condotte idriche del PSBO; se non avessimo realizzato in anni recenti interventi di ‘taglio’ del flusso delle acque in centro storico (a ogni pioggia, fino a poco tempo fa, il quadrante tra via Castelfidardo, via Santa Chiara, via IV Novembre e parte del Corso d’Augusto finiva sott’acqua); se negli anni 70 gli allora sindaci Pagliarani e Zaffagnini non avessero realizzato il deviatore sull’Ausa; se quasi un secolo fa non si fosse realizzato quella ‘divisione’ del fiume Marecchia chiamata deviatore. Basta osservare la larghezza del Marecchia o dell’Ausa quando entrano in città e l’ampiezza molto più esigua ad esempio del porto canale dopo il Ponte di Tiberio per capire come, in assenza di quella ‘biforcazione’ fluviale, tutta Rimini dalla Statale Adriatica al mare, si sarebbe completamente allagata ogni volta che eventi piovosi intensi avrebbero gonfiato il Marecchia o l’Ausa, vale a dire almeno 5 volte dall’anno 2000 in poi. Così si capisce bene come una città ‘fragile’ come Rimini nell’arco di diversi decenni si sia adattata e si stia adattando alle dinamiche della natura, anche con tutte le difficoltà e i problemi del caso. E lo stesso è stato fatto dalle altre città della Romagna, consapevoli che il cambiamento naturale è continuo, inarrestabile, non si ferma. E’ un lavoro per il territorio riminese che dovrà proseguire con la stessa intensità nei prossimi anni, tenendo in massimo conto le nuove indicazioni che, purtroppo anche attraverso eventi calamitosi, ci sta lanciando la stessa natura. Gli ‘aggiornamenti’ al cambiamento climatico del Parco del Mare e della rete idraulica sono già segnali precisi verso quale direzione si debba proseguire.
E’ di questo che dovrebbe parlare oggi la politica. Senza raccontare bugie di interventi strutturali che si possono fare in poche settimane o in pochi anni. E senza però cadere nella contraddizione di invocare da una parte interventi strategici decisivi nel percorso di ‘adattamento’ alle nuove esigenze della natura e dall’altra rendere complicati e difficili quegli stessi interventi per procedure o peggio per impasse dovuti a battaglie ideologiche. Mi chiedo cosa succederebbe oggi se, come un secolo fa, si decidesse di fatto di deviare il corso del Marecchia o dell’Ausa per la sicurezza di Rimini. Saremmo tutti d’accordo? Oppure comincerebbe la solita litania di polemiche, esposti, Tar e Consigli di Stato che lascerebbero i progetti al palo per anni e anni?
Rimodellare le città significa tempo e risorse economiche imponenti. Sia per gli interventi sugli ambiti fluviali che su quelli dentro le città riguardanti il miglioramento della rete di scolo e fognaria. E significa però prendere atto che qualcosa sta già profondamente cambiando intorno a noi e allo stesso tempo che occorre superare anche distanze ideologiche per concentrarsi su quello che serve nel rapporto con il contesto geografico, morfologico e naturale che le città hanno intorno. Questo, a mio modo di vedere, è il compito della politica.
Jamil Sadegholvaad
Exit mobile version