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Come diventare medico dopo la scuola superiore?

Archivio (Pixabay)

Diventare medico è il sogno di tanti ragazzi e ragazze. Se per tanti questo lavoro può essere descritto come un’autentica vocazione, in molti casi si tratta di una passione che nasce e cresce durante il percorso di studi. Altrettanto vero è che diventare medico richiede grande impegno e tanta applicazione: gli anni di studio sono un aspetto rilevante da considerare, in qualche momento della vita potrà essere necessario sacrificare qualche ora che si vorrebbe dedicare allo svago, ma non c’è dubbio che le gratificazioni arrivino e, con esse, anche un forte senso di realizzazione. Una delle cose più importanti per poter raggiungere il traguardo dopo tanti anni di studio e fatica, però, è la scrittura di un buon curriculum vitae medico neolaureato. Avere un CV efficace può fare la differenza in qualsiasi contesto e per qualsiasi posizione ci si candidi e, proprio per questo motivo, un aspirante medico non dovrebbe mai trascurarlo: potenzialmente, è uno degli ostacoli più facili da superare, ma anche più difficili da riconoscere. In questo articolo, vediamo tutto quello che serve per diventare medico dopo la scuola superiore.

Dalla scuola superiore all’università

Nelle righe precedenti, accennavamo al fatto che per tante persone l’idea di lavorare come medici esiste semplicemente da sempre. In questi casi, la scelta del liceo scientifico è più probabile, ma è tutt’altro che decisiva: indubbiamente, questo tipo di indirizzo dedica molte ore allo studio di discipline fondamentali per la formazione di un futuro medico come la biologia e la chimica, ma, in generale, si può dire che anche tutti gli altri licei offrano una formazione multidisciplinare particolarmente adatta al percorso successivo. Chi sceglie un altro tipo di scuola secondaria di secondo grado, invece, potrebbe avere inizialmente qualche difficoltà in più, perché si tratta di indirizzi più adatti allo sviluppo di competenze tecniche. In ogni caso, nulla potrebbe dirsi precluso e nessuna scuola superiore, di per sé, sbarra l’accesso a università e professioni, comprese quelle nel campo medico. Semplicemente, potrebbe essere necessario sudare un po’ di più: nulla che non valga la pena di fare per realizzare i propri sogni. Naturalmente, c’è uno step decisivo nel percorso verso la professione di medico, ed è forse il più temuto: il test di ingresso della facoltà di medicina e chirurgia. Purtroppo, essendo una facoltà a numero chiuso in tutte le università d’Italia, il test è molto selettivo: i quesiti vertono non soltanto su discipline strettamente legate alla medicina, come appunto biologia o chimica, ma anche su nozioni di cultura generale. Un ulteriore scoglio è rappresentato dal tempo limitato a disposizione degli studenti e delle aspiranti matricole, mentre i posti a disposizione vengono stabiliti annualmente dal Ministero dell’Università e della Ricerca.

La facoltà di medicina e chirurgia

Una volta che gli studenti hanno superato il primo grande ostacolo nella marcia di avvicinamento a questa ambitissima professione, la facoltà di medicina e chirurgia vera e propria prevede un percorso di sei anni. I primi cinque consistono in un più classico apprendimento teorico, il cui schema somiglia a quello della maggior parte delle altre facoltà anche di settori completamente diversi, mentre il sesto anno consiste in una serie di attività formative professionalizzanti che valgono, in totale, 60 crediti formativi. Nei primi tre anni, il focus è sulle materie cardine per qualsiasi branca della medicina: fisica, chimica, statistica, genetica, biologia, istologia, anatomia umana, biologia molecolare, biochimica, funzioni biologiche di sistemi, apparati e organi degli esseri umani. La seconda parte del percorso, invece, è dedicata alle materie caratterizzanti: patologia e immunopatologia, emergenze mediche e chirurgiche, farmacologia, tossicologia, anatomia patologica, radiologia e radioterapia, medicina del lavoro, ginecologia e ostetricia. Fa parte del secondo triennio anche un anno di tirocinio oppure di esercitazioni in laboratorio, ovvero la parte più meramente pratica. Terminati i sei anni, però, gli aspiranti medici sono chiamati a un’altra scelta fondamentale, ovvero quella della specializzazione. Per poter esercitare regolarmente la professione, infatti, occorre procedere all’iscrizione all’albo dei medici e chirurghi, scegliendo una specializzazione in una delle tre macroaree: medica, chirurgica o dei servizi clinici. Esattamente come quella alla facoltà universitaria di medicina e chirurgia, l’ammissione alla scuola di specializzazione è subordinata al superamento di un test di ingresso le cui modalità non differiscono in maniera particolare.

Specializzazioni più e meno richieste

Le scuole di specializzazione hanno una durata che può variare, indicativamente, da due a cinque anni. La maggior parte delle ultime rilevazioni tende a convergere e a descrivere alcune branche della medicina come quelle più ambite e richieste in ambito lavorativo, per cui potrebbe essere un elemento di riflessione in caso di dubbi. Cardiologia rimane una delle specializzazioni più attrattive e lo stesso dicasi per pediatria, ma non sono da meno la chirurgia plastica, che assume un ruolo di crescente importanza, e la dermatologia. Altre specializzazioni molto richieste sono neurologia, oculistica, gastroenterologia ed endocrinologia. Appartiene a questa categoria anche la specializzazione in ginecologia. Tra quelle che invece sembrano avere un appeal inferiore, ma che di conseguenza hanno il vantaggio di essere potenzialmente accessibili in maniera un po’ più agevole, ci sono microbiologia e virologia, farmacologia e tossicologia clinica, patologia clinica e biochimica clinica. In Italia, inoltre, continua a preoccupare lo scarso interesse manifestato nei confronti della medicina d’urgenza. In altre parole, l’ampiezza del campo della medicina può essere un’arma a doppio taglio: un forte interesse per una branca particolare potrebbe, senza dubbio, essere accompagnato da un impegno maggiore, oltre che da grande motivazione, ma in alcuni casi potrebbe essere utile anche conoscere le tendenze del mercato del lavoro per non rischiare di vivere situazioni frustranti in prossimità della fine di un percorso di studi così lungo e intenso.

L’inizio della carriera professionale

Al termine del lungo iter necessario per poter svolgere una professione così delicata nella maniera migliore possibile, i medici possono scegliere il contesto nel quale operare. Gli ospedali sono il punto d’arrivo per tanti, ma non sono affatto l’unica opzione disponibile: le cliniche private sono un’altra grande risorsa, specialmente in un’epoca nella quale questo settore è sempre più rilevante per l’equilibrio generale del sistema sanitario. Naturalmente, non deve essere esclusa l’opzione dell’insegnamento: formarsi è importante, ma per offrire ai cittadini una sanità di alto livello è anche indispensabile poter garantire adeguata formazione a chi si approccia a questo mondo. In ultima battuta, un’altra delle possibili scelte è quella di un impiego nell’ambito della ricerca medica: potrebbe sembrare un lavoro più teorico, forse per alcuni meno gratificante anche perché meno riconoscibile, ma medicina e ricerca sono legate indissolubilmente e quest’ultima rappresenta il principale slancio verso il progresso. La ricerca consente di migliorare l’efficacia delle cure per la maggior parte delle malattie fino a debellarle del tutto.

Un buon medico non smette di formarsi

Coerentemente con quello che accennavamo nelle righe precedenti, qualsiasi sia la specializzazione scelta e il contesto professionale, per diventare dei grandi medici è imprescindibile non smettere mai di imparare. Può sembrare faticoso, ma chi sceglie questa professione tende ad avere una innata propensione verso una formazione continua. Ai medici è spesso richiesto di partecipare a corsi di formazione e aggiornamento, ma anche conferenze, laboratori, workshop: tutto ciò consente ai professionisti della medicina di rimanere sempre al passo con gli sviluppi e i progressi di un settore che, per sua stessa definizione, non può che proiettarsi costantemente verso il futuro, il progresso e la ricerca. Per i medici esistono diverse opportunità per consolidare o approfondire le proprie conoscenze e competenze anche dopo anni e anni di esercizio: conservare un adeguato livello di qualificazione professionale è, in altre parole, ciò che può distinguere un medico normale da chi tende a essere considerato un luminare nel suo specifico campo.

Il prototipo di un medico

Come abbiamo raccontato in questo articolo, il percorso per poter diventare un medico è inevitabilmente lungo e può presentare ostacoli e fatiche. Per questo motivo, una caratteristica imprescindibile della persona che studia medicina e aspira a diventare un medico è la perseveranza: in un tempo così dilatato, immaginare un percorso agevole e fluido è quantomeno ottimistico. Il principale tema di riflessione è la forza di volontà con cui determinate sfide possono essere affrontate. Naturalmente, accanto a tutto ciò, esistono alcuni tratti comportamentali e alcune attitudini che si sposano bene con questa professione: l’empatia, in primo luogo, ma anche una più generale capacità di interagire con le persone, andando oltre le sfumature e gli spigoli caratteriali. In tutto questo, non possono mancare una insaziabile sete di conoscenza e un atteggiamento che unisce umiltà e curiosità: per un lavoro che richiede applicazione e capacità di apprendere praticamente senza sosta, questo tipo di approccio è pressoché indispensabile. Solitamente, però, chiunque sogni di diventare un professionista della medicina incarna in maniera esemplare tutte queste caratteristiche, senza la necessità di particolari esercizi di autoanalisi.

 

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