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La protesta del sindacato

Dopo il caos al Cau di Cattolica lo Snami attacca: troppa insicurezza

In foto: il Cau di Cattolica
il Cau di Cattolica
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 12 ago 2024 13:09
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Quando accaduto la scorsa settima a seguito di un accoltellamento, rivelatosi poi mortale (vedi notizia), riaccende le polemiche sui CAU (centri di assistenza e urgenza chiamati a gestire casi a bassa complessità). “La notte del 7 agosto gli operatori presenti al Cau di Cattolica – scrive il sindacato Snamisi sono trovati in un far west quando hanno dovuto soccorrere un ragazzo in arresto cardiaco portato li da amici, dopo essere stato ripetutamente accoltellato a morte. Tra i tentativi di rianimazione, il soccorso anche ai numerosi familiari che si sono sentiti male per la notizia e la gestione degli altri pazienti che, incuranti, richiedevano la visita nonostante vi fosse una evidente criticità generale, i due medici, i due infermieri e la OSS si sono ritrovati in condizioni di assoluta insicurezza e grave criticità gestionale dovendo attendere l’ automedica 118 che, dopo le chiusure, arrivava da Rimini“.
Secondo il sindacato, da sempre critico sulla riforma voluta dalla Regione, “con la chiusura del pronto intervento e il passaggio a Cau i pazienti critici continuano comunque ad accedere negli ambienti del vecchio PS, convinti vi sia ancora una struttura della reale emergenza urgenza, non sapendo che questo presidio non lo è più.” E ad alimentare la confusione, sempre secondo lo Snami, è il fatto di aver utilizzato i locali del precedente Punto di Primo Intervento giudicati anche non idonei all’attività da Cau (che dovrebbe essere una attività ambulatoriale di medicina generale). “Questo genera una pericolosa distrazione di ambulanze per i trasporti da CAU a PS – prosegue il sindacato –, mentre le automediche sono state drasticamente tagliate proprio nella zona sud della provincia dove già molti operatori non vogliono più lavorare perché distanti dal soccorso medico allorquando ne avessero bisogno, come nel caso in questione“.
In questo contesto organizzativo di insicurezza – conclude lo Snami –, molti operatori comprensibilmente non vogliono più lavorare“.