La moglie lo accusa di maltrattamenti, lui porta in aula 40 testimoni e 4mila "prove": assolto
Era il 2017 quando una donna del Riminese, dopo aver lasciato la casa coniugale per trasferirsi a vivere in altro appartamento con un nuovo uomo ed aver chiesto l’affidamento dei figli, aveva presentato una denuncia nei confronti del compagno, sostenendo che lei e i figli minori fossero stati costantemente maltrattati per ben 11 anni, dal 2006 al 2017. Sulla base delle denunce-querele presentate dalla donna, l’uomo, difeso dall’avvocato Roberto Brancaleoni, era stato mandato a giudizio con la gravissima accusa di maltrattamenti in famiglia aggravati (reato che prevede attualmente una pena fino a 10 anni di reclusione ) per avere, tra l’altro, “tenuto costantemente atteggiamenti vessatori”, “malmenato più volte la compagna anche in presenza dei figli”, “costretto le persone offese a vivere costantemente chiusi in casa, anche con le tapparelle abbassate, in uno stato di isolamento assoluto”, “incusso ai bambini uno stato di terrore in occasione di qualsivoglia aspetto della loro vita quotidiana”, tolto alla compagna “ogni libertà personale o d’espressione, con una concreta volontà di mortificare e sopraffare la donna, costringendola anche a lasciare il lavoro”.
L’uomo, che dal primo giorno ha contestato ogni accusa, ha sempre sostenuto che si trattasse di una macchinazione della donna per giustificare il tradimento e portargli via i figli. Nel corso del processo ha chiesto di sentire ben 41 testimoni (amici, insegnanti, parenti, vicini di casa, genitori dei compagni di scuola dei bambini, pediatra dei bambini) che hanno raccontato della vita assolutamente libera e normale della donna e dei figli, senza limitazioni di alcun tipo, e del comportamento attento e premuroso del padre verso i bambini. Addirittura alcuni testi hanno riferito che la donna, dopo essersi trasferita a vivere con il nuovo compagno, aveva cessato le utenze domestiche a lei intestate, lasciando l’uomo ed i bambini al gelo in pieno inverno. La difesa, inoltre, ha prodotto quattromila documenti (tra fotografie, video, lettere, pagelle, cartoline) che dimostravano l’opposto di quanto dichiarato dalla denunciante.
Dopo un dibattimento durato quasi 5 anni, il Tribunale di Rimini ha assolto l’uomo con formula ampia “perché il fatto non sussiste” sia dall’accusa di maltrattamenti che dall’ulteriore accusa di lesioni volontarie (la donna, infatti, sosteneva di essere stata mandata a sbattere contro un cancello in occasione di un litigio nel 2017). Il giudice ha anche accolto la richiesta della difesa di condannare la parte civile, che aveva chiesto il risarcimento dei danni ed una provvisionale di 30mila euro, a rimborsare le spese legali dell’imputato. Nel frattempo il tribunale civile, dopo una consulenza tecnica affidata ad uno psicologo, ha disposto che i bambini rimangano a vivere con il padre, con cui sono sempre rimasti anche durante il processo, respingendo la domanda di affidamento della madre.
“Il Codice Rosso – commenta l’avvocato Roberto Brancaleoni – è certamente uno strumento importante che deve servire a tutelare pienamente le vere vittime di violenza. Bisogna però porre massima attenzione a non consentire che diventi un facile strumento di rovina della vita di persone innocenti. La presunzione di innocenza è sacra e non può essere mai limitata e dimenticata per nessun motivo”.