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Io sono l’altro, sette incontri del gruppo Pardes

Un gruppo nato davanti a una piadina del “Bar Ilde” con il desiderio di promuovere una proposta culturale rivolta a tutta la città. Nasce così, con semplicità ma anche tanti auspici, il gruppo “Pardēs”, formato da docenti e amici/amiche dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Alberto Marvelli”, insieme al direttore don Marco Casadei.

Un primo appuntamento promosso l’anno scorso con il filosofo Roberto Mancini, ha aperto la strada al percorso in sette tappe che l’equipe Pardēs promuove per l’anno accademico 2023-24 sotto il segno dell’essere In-dipendenti, dal titolo-cornice “Io sono l’altro”.

Sette incontri, sette tappe e sette parole: la prima è #fragilità, affidata allo sguardo della prof.ssa Antonia Chiara Scardicchio, professoressa associata di pedagogia generale e sociale all’Università degli studi di Bari.

Un incontro, lo scorso 11 ottobre, con modalità inedite che hanno intrecciato parole, immagini, scrittura e poesia.

Ha esordito così la prof.ssa Scardicchio: “Tristezza e fragilità sono spesso vissute come patologia, mentre in realtà sono proprio il segno del nostro essere viventi. Anche la morte, in quest’ottica, è vista come espressione di fragilità assoluta. È necessario risignificare queste parole, non possiamo eliminare dai nostri racconti l’oscurità ma possiamo imparare a esplorare anche la nostra ‘nube tenebrosa’, coma la chiama San Giovanni della Croce, perché Dio ci parla nella notte. La bellezza non è assenza di strappi ma saper stare nella vertigine, scendere nell’abisso. Andare in mille pezzi può essere una maledizione ma anche una benedizione”.

Un video, tratto dal film “Immaturi”, ci fa sorridere e riflettere su questo rischio di interpretare la fragilità come una malattia da guarire.

Come tutto questo si lega all’idea di fragilità?

Scoprirsi indipendenti significa scoprirsi fragili, e quindi anche mortali. Ma nel momento in cui questa fragilità è riconosciuta e accolta diventa essa stessa la nostra possibilità. Possibilità di trasformare la nostra piccolezza in legame, in pre-condizione della comunità. Non esistono ricette o slogan che valgano per tutti, ma possiamo trovare aiuto nell’osservare intorno e lontano da noi le storie di uomini e donne che hanno trasformato la loro fragilità, non negandola ma neanche esasperandola o facendone l’unica cifra della propria narrazione identitaria. La fragilità diventa risorsa quando quella spaccatura rappresenta la possibilità di lasciare andare la presunzione di bastare a noi stessi. Se smettiamo di combatterla e di cercare di eliminarla, la fragilità comincia incredibilmente a parlarci: il silenzio si riempie e il vuoto si trasforma. È un percorso che nessuno può insegnare ad un altro nella forma di un contenuto, ma avviene per contagio, fraternità e sorellanza. Per interdipendenza, appunto”.

Spiega la docente: “Dipendenza è un’espressione che giustamente agganciamo alla perdita di libertà, ma in questa proposta formativa dipendenza diventa una parola creativa il cui contrario non è indipendenza o individuazione ma solitudine. In questo caso dipendenza è riconoscere che siamo interdipendenti e che nessuno può essere felice da solo. Restare slegati oltre che innaturale è sterile. Dipendenza è dunque la forma di ogni essere vivente, legato nella sua stessa vita alle vite degli altri. E questo vale per ciò che ci lega a un albero, al vento, ad ogni forma di vita naturale. Tutti i nostri gesti si riverberano nel presente e nel futuro”.

L’immagine, commuovente, di un bimbo con il suo papà intervistato dopo l’attentato di Parigi al Bataclan ci indica una strada, nella violenza di questo tempo, quella di riconoscerci comunità. E anche quando ci sembrerà che l’oscurità ci sovrasti, avremo così l’opportunità gli uni legati agli altri di continuare a scorgere anche solo la luce di una candela, così come è avvenuto nella storia straordinaria di Etty Hillesum e di tanti uomini e donne che ci hanno mostrato che i legami sono la nostra resilienza.

La prossima tappa del percorso, dopo queste prime preziose e potenti suggestioni, prevede una riflessione intorno alla parola #limiti che sarà affidata a Elvezio Galanti, geologo, ex Direttore Generale del Dipartimento di Protezione Civile Nazionale. La serata si svolgerà mercoledì 8 novembre alle 20,45 nel Teatro del Seminario (via Covignano 265 a Rimini).

Per maggiori info: www.issrmarvelli.itiosonolaltro@gmail.com – tel. 0541 751367

Silvia Sanchini

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