Da Rimini Rete Donna arriva una riflessione, redatta insieme a un ricercatore dell’Università di Palermo, che parte dalla vicenda dello stupro nel capoluogo palermitano per ampliarsi al tema dell’educazione ai sentimenti e al digitale. Gli stupri non sono solo crimini contro una donna, ma contro un’intera società.
Sulla terribile e inquietante vicenda dello stupro di gruppo commesso a Palermo da parte di sette giovani ragazzi nei confronti di un altrettanto giovane ragazza si sono già dette e scritte molte cose giuste e sensate. Si è sottolineato quanto sia radicato e persistente il maschilismo, e la sua natura patriarcale, nella nostra società che vede nella donna un oggetto di possesso e di piacere da parte del “maschio”; qualcuno ha giustamente evidenziato la necessità e l’importanza di introdurre una prospettiva educativa, che coinvolga genitori e figli, centrata sulla cultura del rispetto e su cosa significhi vivere le emozioni e i sentimenti, basi di un desiderio autentico e non violento; altri ancora la certezza della pena per gli stupratori all’interno di un sistema giudiziario come quello italiano che ha fin troppe falle in tema di punizione per i reati contro le donne. Pensiamo realmente che tutto questo complesso di cose debba essere oggetto di lotte collettive, che coinvolgano principalmente la famiglia e la scuola, per arginare le derive narcisiste e individuali del capitalismo nella sua fase neoliberista e della società dei consumi, derive che sono alla base di una generale riduzione dell’empatia nella società contemporanea e della rincorsa individuale, ma che può diventare di gruppo o di branco, a vivere emozioni sfrenate nel qui ed ora amplificate da un uso/abuso della tecnologia digitale (forse sarebbe il caso di riflettere seriamente sull’educazione al digitale e anche su regole da condividere nella società rispetto al suo uso); perché invece le emozioni sono importanti e sono esse alla base dei sentimenti e dell’empatia, se vissute dentro una socialità diffusa, matrice di relazioni paritarie, che è scomparsa o è comunque costantemente minacciata da quelle derive narcisiste e individuali. Ben venga tutto questo e noi stessi, nel nostro piccolo lavoro quotidiano, ce ne facciamo e ce ne faremo promotori nelle scuole e presso le famiglie.
Forse però è stato troppo poco sottolineato in questa vicenda, così come in ogni caso di stupro e di violenza sulla donna e sul suo corpo – ricordiamo peraltro che lo stupro è reato contro la persona solo dal 1996 – quali siano le conseguenze sulla donna implicata e sulle donne tutte. Violare il corpo, lo spazio e la vita di una donna significa violare la sua intera esistenza – la sua futura capacità di vivere sentimenti, emozioni e sessualità, che in alcuni casi potrebbe essere compromessa per sempre – e contemporaneamente è, attraverso il singolo gesto violento, violare tutte le donne, perché quella violenza, quello stupro, quel rubare la vita ad una donna è sottrarre con la forza il suo spazio pubblico, la libertà di tutte le donne; lo stupro e lo stupro di gruppo in una forma così violenta e premeditata – ed anche spettacolarizzata, e qui entrano in gioco altre variabili e dinamiche su cui non abbiamo lo spazio di soffermarci – diventano un segno tangibile del modo in cui il maschio continua a pensare di avere un potere sul corpo della donna. Allora diventa fondamentale avere il coraggio di cominciare finalmente una reale, e ancora più importante, lotta, che è insieme culturale, politica ed economica, e cioè quella che riguarda una autentica emancipazione e liberazione della donna che, al contempo, determini anche il risultato che lo stupro e la violenza sulla donna non debbano essere considerate solo reato contro la persona, ma contro la società e l’umanità. Una donna ha il diritto di andare in un bar a qualunque orario, di sentirsi anche libera di essere frivola, di flirtare, di giocare, di sedurre senza che questo voglia dire “te la sei cercata” e quindi ti stupriamo e ti sottraiamo tutta la tua gioventù, spensieratezza e vita.
Lo stupro di una donna per noi è un crimine “contro la società tutta e contro l’umanità”, perché quel singolo atto di violenza è una minaccia dello spazio pubblico e della sicurezza di ogni donna in ogni angolo delle nostre città e dei nostri territori. Dovremmo dunque rivendicare il diritto – cosa che nel nostro ordinamento giuridico non è sempre consentita – a prendere una posizione molto netta in vicende come queste con la possibilità di costituirci, da parte di singole e singoli come di associazioni ed enti, parte civile nei processi che riguardano gli stupri e le violenze sulle donne. Questo diritto avrebbe un valore simbolico e politico fortissimo, sia a dimostrare che la società tutta reagisce ad un reato che non è solo contro la persona sia ad impedire che una donna venga stuprata innumerevoli volte, come spesso accade, sia nelle aule giudiziarie che sui mezzi di comunicazione di massa.
Olimpia Di Donato, Associazione Rimini Rete Donna
Marco A. Pirrone, ricercatore Università di Palermo