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Uccise la moglie malata come “atto d’amore”, sarà processato per omicidio volontario

il cadavere della donna portato fuori dall'abitazione

Il prossimo 12 febbraio comparirà davanti alla Corte d’Assise di Rimini, chiamata a giudicarlo per l’omicidio volontario della moglie, la 74enne riminese Luisa Bernardini, avvenuto all’interno della loro abitazione di via Coletti a Rimini, il 22 giugno 2020.

Per il marito della donna, Filippo Maini, 77 anni, infermiere in pensione, si trattò non di omicidio, ma di “un atto d’amore”. La moglie, sua coetanea, con la quale ha trascorso 53 anni di felice matrimonio, soffriva di Alzheimer. Una forma grave che le stava facendo perdere rapidamente le sue facoltà. Sarebbe stata lei a chiedergli più e più volte di aiutarla a morire. Così, quella notte, Maini le fece ingerire dei farmaci contenenti benzodiazepina in modo da stordirla, poi la soffocò. Subito dopo cercò di togliersi la vita con un mix di farmaci e alcol, prima di infilarsi in testa due sacchetti di plastica, probabilmente non stretti così bene. Fu salvato l’indomani dall’arrivo della badante della donna, che chiamò i soccorsi.

Il difensore dell’infermiere, l’avvocato Alessandro Sarti, ha sostenuto che ci fossero tutti gli estremi per ricondurre il gesto di Maini in omicidio del consenziente. Per il sostituto procuratore Luca Bertuzzi, invece, la vittima, titolare di invalidità civile con indennità di accompagnamento, non era più nelle condizioni di prestare un consenso, come accertato dai suoi consulenti. Una tesi, quest’ultima, accolta dalla giudice per l’udienza preliminare Raffaella Ceccarelli, che ha rinviato a giudizio Maini per omicidio volontario aggravato. Rischia l’ergastolo, ma, come ha già affermato in passato, “non mi importa, la vera pena è essere sopravvissuto alla mia Lulù”.

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