newsrimini.it

Quello spot non s’aveva da fare. Quando la banca bocciò il soggetto di Fellini

Federico Fellini

Fellini e gli spot, un rapporto sui generis. La tv, e la pubblicità in particolare, per il maestro non erano decisamente un ambito di lavoro appassionante come il cinema, ma d’altra parte le lusinghe dei grandi sponsor che chiedevano la sua firma sui loro spot erano difficili da ignorare. E allora, dal Campari alla Barilla, il regista riminese negli ultimi anni della sua carriera si cimentò anche in questo settore, ovviamente mettendoci la sua creatività e muovendosi ampiamente fuori dai canoni tradizionali del marketing pubblicitario. Con il rischio calcolato di non trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda del committente.

Come nell’episodio riportato dal quotidiano la Stampa il 6 ottobre del 1992. Fellini portò alla dirigenza della Banca di Roma i soggetti per una serie di spot televisivi che gli erano stati commissionati. I primi tre giocavano tra sogno e l’incubo, una dimensione cara al maestro. Il quarto invece era più grottesco, con due scassinatori che si introducevano nel caveau ma dopo avere aperto il forziere lo trovavano vuoto. Perché la banca, avrebbe dovuto spiegare una voce fuori campo, aveva speso tutto per pagare il regista. Alla dirigenza non piacque: l’immagine di una banca senza soldi non era molto gradita. E allora il soggetto, nonostante la firma d’autore, fu respinto.

Vennero invece realizzati i tre spot con il filo conduttore del sogno e Paolo Villaggio come protagonista. In uno dei tre Villaggio, in un sogno dove si trova a rischio di investimento sui binari, dialoga con una giovanissima Anna Falchi.

Exit mobile version