Si è trincerato dietro un muro di silenzio: “Non rispondo”, ha detto questa mattina al gip del tribunale di Rimini, Benedetta Vitolo, appena iniziato l’interrogatorio di garanzia. Giovanni Laguardia, 69 anni, idraulico in pensione, è accusato di aver ucciso nel sonno a martellate la moglie, Vera Mudra, 61 anni, ucraina. Dal momento in cui Laguardia ha condotto i poliziotti delle Volanti nella camera da letto dell’appartamento di via Pola, a Rimini, dove giaceva il corpo senza vita della moglie, non ha più proferito parola. Subito dopo aver commesso l’omicidio, però, aveva chiamato il 112 e all’operatore aveva confessato: “Ho perso la testa e ho ucciso mia moglie, venitemi a prendere”. Poi, una volta davanti all’abitazione, avrebbe aggiunto: “Mi chiedeva sempre più soldi, non bastavano mai. Voleva che mantenessi i suoi figli che vivono in Ucraina”.
Nella notte tra domenica e lunedì, una volta arrivato in questura, Laguardia davanti al pubblico ministero Luigi Sgambati ha fatto scena muta. Stessa cosa accaduta oggi in tribunale per l’interrogatorio di garanzia. Il suo difensore, l’avvocato Andrea Mandolesi, spiega: “Si è avvalso della facoltà di non rispondere, non è ancora lucido. Fatica a realizzare quello che è successo, non è consapevole della gravità del gesto commesso”. Il legale riminese si è opposto alla misura cautelare del carcere per il suo assistito, chiedendo quella alternativa degli arresti domiciliari, venendo a cadere, secondo la sua tesi, sia il pericolo di fuga che la reiterazione del reato. Il giudice si è riservato la decisione, che potrebbe arrivare già questa sera, al più tardi domani.
Sempre oggi verrà svolta sul corpo di Vera l’autopsia. Ieri, il medico legale che si è occupato dell’ispezione cadaverica ha parlato di una morte violenta, causata dal “traumatismo cranico per colpi inferti con un corpo contundente”. E in effetti, domenica notte, dopo l’ennesimo litigio scoppiato per i soldi, Laguardia avrebbe atteso che la moglie andasse a dormire prima di afferrare il martello da carpentiere e infliggerle cinque, forse sei, colpi alla nuca. Un gesto brutale e premeditato, secondo la procura, che esclude l’ipotesi del raptus omicida.
Laguardia e Vera si erano sposati in seconde nozze 13 anni fa. Una vita apparentemente felice la loro, che in pubblico non avevano mai litigato né mostrato dissapori. Una coppia normale, riservata, che non si concedeva tante uscite, racconta chi li conosce. E’ per questo che quanto accaduto dentro quelle mura domestiche resta di difficile comprensione.