Il paradosso del richiedente asilo che non può tornare nel suo Paese
Ha 29 anni, è un richiedente asilo africano (omettiamo volutamente il suo paese d’origine per non renderlo riconoscibile) e vive a Rimini ormai da un anno. Per motivi di salute vorrebbe essere rimpatriato, ma non può. E’ il paradosso – tutto italiano – che lo costringe a rimanere in una città nella quale, peraltro, negli ultimi tempi ha manifestato un palese malessere che lo ha costretto ad una serie di ricoveri.
Già, perché il migrante in questione, vittima delle non facili condizioni nelle quali si ritrova a vivere (attualmente non ha lavoro, non ha una fissa dimora, fatica ad integrarsi), si è reso protagonista di alcune escandescenze. Gesti non gravi, ma che hanno costretto le forze dell’ordine, insieme ai sanitari del 118, a intervenire. Durante una di queste “crisi”, l’uomo ha manifestato la chiara intenzione di fare ritorno nel suo Paese. E qui sorgono i problemi. Due, nello specifico: il suo Paese d’origine non ha in vigore accordi con altri Stati per il rimpatrio (il che rende tutto più complicato; il 29enne è sprovvisto di passaporto e, senza documenti, non può fare ritorno a casa.
Del caso se ne sta occupando il Front Office stranieri del Comune di Rimini, che ha contattato il consolato del Paese d’origine del 29enne, che ha sede a Roma, per attivare le pratiche per il rilascio del passaporto. Le tempistiche sono incerte e non è scontato che il tentativo vada a buon fine. “Si parla tanto di rimpatri, poi, quando a richiederlo è il cittadino stesso, ecco quello che succede”, afferma il vicesindaco Gloria Lisi, che critica le politiche sull’immigrazione introdotte dall’ex ministro dell’Interno Salvini. “Come Comune stiamo facendo tutto il possibile per aiutarlo, ma non sappiamo ancora se il consolato concederà nulla osta”. E intanto il migrante africano resta “prigioniero” in Italia.