È notte, si è appena conclusa la veglia di preghiera con le Clarisse in preparazione della Giornata Mondiale dei Poveri. Mi risuonano nelle orecchie e nel cuore i tre verbi del messaggio che Papa Francesco ci ha donato per questa Giornata: Gridare, Rispondere, Liberare. Con alcuni giovani amiche e amici della Capanna di Betlemme abbiamo ricevuto la benedizione e il mandato del Vescovo, questa notte condivideremo la notte con alcuni senza fissa dimora.
Sono emozionato, non so bene cosa mi aspetterà.
Decidiamo di andare a dormire sotto i portici di Piazza Cavour.
La sera prima i miei figli erano proprio lì, con i loro amici, a festeggiare la laurea di mia figlia. Che strana sensazione, che dissonanza. E se i miei figli fossero stati nelle cantinette proprio questa notte?
Diversi di noi non hanno cenato e, mentre qualcuno va a comprare delle pizze, qualcun altro va a procurarsi scatoloni e coperte.
Stendiamo i cartoni, che saranno il nostro giaciglio per la notte e, su questa tovaglia improvvisata, condividiamo la cena. Dopo poco arriva un amico, una persona che si rivolge a noi da tanti anni. Un vecchio amico del CSM (Centro di Salute Mentale). Dice che si è appena svegliato e che farà serata. Mangia con noi la pizza e ci dona qualche pensiero. Ci saluta “Ma come mi offrite la pizza e non avete la birra?”
Qualcuno di noi va a passeggiare tra i giovani, io preferisco guardare la piazza, la gente, le persone, steso per terra. Come cambia l’orizzonte quando osservi il mondo dall’altezza del pavimento. È come se la quotidianità a cui siamo abituati, data per scontata e apparentatemene immutabile, da questa prospettiva si ribaltasse. Come stona la ragazza giovanissima, ubriaca fradicia che urlando e sostenuta da due amiche, orina in mezzo ai portici. Che dire dei tantissimi giovani che, senza nessun motivo apparente urlano? Cosa stanno cercando? Cosa stanno costruendo? Saranno loro i futuri mendicanti di questa terra? Hanno la consapevolezza che il futuro, il loro futuro dipende da loro? Qualcuno gliel’ha detto?
Il tempo scorre, io dormirò all’aperto solo questa notte e, se qualcosa non va, posso tornare a casa. Penso a chi è costretto a questa vita per anni, senza alcuna speranza di poter scegliere. Penso alle ragioni di quelle vite. Penso a come anche io sono, consapevolmente o inconsapevolmente, origine e causa di quelle povertà. Non c’è pace senza giustizia. Dov’è la giustizia nei diritti negati, nelle discriminazioni, nell’aumento delle disuguaglianze? In Italia il reddito totale dei benestanti è 6,3 volte quello dei più poveri. Un povero su due ha meno di 34 anni. Quale futuro per questi giovani così apparentemente felici? Quanti stanno indossando maschere? Sul cartone stendo una coperta e un’altra la utilizzo per scaldarmi. Arriva Peppe, una vecchia conoscenza della Capanna di Betlemme. Sapeva che avremmo dormito lì è venuto a passare la notte con noi. È ubriaco.
Inizia ad urlare felice “Che bello!!! Come nel 2005 con don Oreste!!!”. Poi guarda verso la Piazza ed inizia ad inveire contro tutti, contro nessuno, “Fate silenzio, devono riposare, sono gli amici di don Oreste!” e continua… “Smettetela!!! Sono delle brave persone, sono nostri amici, lasciateli dormire!”. Poi, improvvisamente, si sfila una scarpa e lancia chissà a chi, chissà dove.
Mano a mano che la notte avanza i suoni cambiano. Le urla e gli schiamazzi diminuiscono. Le musiche, che si fondono e confondono, sparate a tutto volume per creare il paese dei balocchi, mano a mano si affievoliscono. Il rumore di bottiglie o bicchieri frantumati scompaiono.
Si avvicina un giovane, ci chiede se è poco che siamo sulla strada e se conosciamo la Capanna di Betlemme. Se lo desideriamo lui può metterci una buona parola, li conosce, ci ha dormite alcune volte. Ci lascia dopo averci chiesto se avevamo piacere di ascoltare una sua testimonianza.
Una notte lunga. Una notte strana, insolita. Una notte ricca di umanità.
Intorno alle cinque e mezza arrivano otto persone sulla quarantina e, con una cassa musicale amplificata, iniziano, alzando la musica a tutto volume, a ballare salsa e merengue sotto i portici. Giro la testa dall’altra parte per cercare di riposare. Ascolto la voce di un paio di persone, sembrano essere adulte. Mentre attraversano i portici si scandalizzano per la nostra presenza e iniziano ad inveire “Non è possibile, Rimini non può diventare un dormitorio!”. Continuano con queste affermazioni per tutto il percorso. Non una parola rispetto alle persone che stavano, contemporaneamente, danzando con balli latino americani. Lo scandalo è chi dorme per strada! Lo scandalo sono gli ultimi, gli indifesi, i più piccoli.
Cala il sipario della notte, iniziano le pulizie. Una spazzatrice gira avanti e indietro per la piazza, vengono svuotati i cassonetti del vetro, il rumore del vetro che si infrange sembra non finire mai. Gli spazzini armati di soffiatori puliscono i portici. Si sveglia Peppe e chiede ad un netturbino di evitare la zona dove stiamo dormendo affermando continuamente “Massimo rispetto per il vostro lavoro… massimo rispetto per il vostro lavoro…”. Dopo i soffiatori arrivano quelli con l’idropulitrice, la città della notte, delle feste, della musica, dell’alcool e del divertimento ad ogni costo deve cancellare ogni sua traccia per lasciare spazio alla città del giorno, del lavoro, del mercato, degli affari.
Sono le 7 quando un agente della Polizia Municipale, gentilissimo, chiedendo continuamente scusa ci sveglia “Buongiorno, scusate, per piacere, bisogna che vi alziate e mettiate a posto”. Che bello svegliarsi con una voce calda e amica.
Piano piano ci alziamo, raccogliamo le nostre cose, solo Peppe continua a dormire.
Prima di salutarci andiamo a bere un caffè e ripercorriamo gli aneddoti della notte. Ci abbracciamo.
Mentre raggiungo la macchina camminando lungo il Corso incontro una fila davanti ad un negozio di una nota marca ancora chiuso. Tante persone in attesa di accaparrarsi un accessorio di abbigliamento che, solo per quel giorno, sarebbe stata venduto con un forte sconto. Necessità, bisogni ed esigenze diverse. Quante contraddizioni, differenze, che schizofrenia.
Questa è la nostra vita?
Mentre mi avvicino al parcheggio, un’ultima domanda mi assilla: cosa posso fare io per cambiare l’ordine delle cose?
Rimini 16 novembre 2018