Quel 24 settembre del 2003 nelle sale del New York Stock Exchange, Silvio Berlusconi, l’aveva buttata là con nonchalance: “un altro motivo per venire ad investire da noi è che oltre al bel tempo e alla bellezza dell’Italia, abbiamo anche bellissime segretarie ”. I manager americani in grisaglia sartoriale, riuniti ad ascoltare l’allora presidente del Consiglio avevano sorriso, alzando gli occhi al cielo: il solito Mister B.
A qualche annetto di distanza le segretarie e le belle ragazze sono state sostituite da più pragmatici ingegneri e una serissima forza lavoro qualificata. Sono loro – e non il lato ‘glamour’ del Paese, visto con le lenti berlusconiane- il ‘grimaldello’ giusto per convincere gli investitori stranieri a fare un giro dalle nostre parti e a spendere denaro per portare nel (fu?) Belpaese i loro affari. Cosa che non suonerebbe neanche male. Se non fosse che a ingegneri e forza lavoro qualificata deve essere affiancato un aggettivo: sottopagati. Già, sottopagati.
Una parolina magica, che dovrebbe attirare gli investitori d’Oltralpe e d’Oltreoceano – come nemmeno una calamita – a delocalizzare le loro attività a queste latitudini.
L’idea di magnificare giovani con una elevata preparazione a prezzi da saldo come ‘arma vincente’, è venuta al Ministero dello Sviluppo Economico che ha affidato ad un sito tematico tutto in inglese, il compito di accalappiare potenziali investitori spiegando perché l’Italia sarebbe proprio il posto giusto per loro e il loro business.
Un sito davvero ben fatto. Con una brochure patinata al punto giusto – come si conviene a un Paese che da del tu, da sempre, al design e alla moda – su cui snocciolare, uno per uno, tutti i punti di forza (?). A partire dal capitolo intitolato ‘Human capital & Talent’, capitale umano e talento. La prima chicca, da scartare, per l’investitore goloso: ‘Italy offers a competitive large level (that grows less than in the rest of EU) and a highly skilled workforce’, viene scandito. Ossia: ‘L’Italia offre un livello di salari competitivo (che cresce meno di ogni altra parte d’Europa) e una forza lavoro altamente qualificata’. Un po’ come dire: venghino siori, venghino, l’hard discount della conoscenza è tutto per voi.
Una considerazione – condensata in una didascalia – che cancella, d’un tratto, tutti gli sforzi, personali ma anche del sistema scolastico del Paese, spesi per formare e preparare giovani destinati ad essere ‘attraenti’ agli occhi del mondo dell’economia e del lavoro, non per le loro capacità ma per il basso costo del loro salario.
Bravi, preparati, economici. Un ottimo rapporto qualità prezzo . D’altronde, se l’ipotetico, potenziale investitore, non avesse capito bene – magari per lo stupore – la rivista online del Mise, spazza il campo da ogni dubbio. ‘Un ingegnere in Italia – viene spiegato per chiarire senza fraintendimenti – guadagna in media 38.500 euro quando in altri paesi europei lo stesso profilo ne guadagna mediamente 48.800’.
Di fatto, una ‘presa in giro’ – un amaro ‘epic fail’ comunicativo, se non fosse che ‘epic fail’ di ‘sti tempi spetta di diritto alle campagne sul ‘fertility day’ – per i giovani italiani. Che, forse non a caso, invece di rimanere, in questo Paese, fanno le valigie e se ne vanno. Anche da Rimini. Tristemente. E sempre di più, stagione dopo stagione.
Dal blog Pendolarità