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Diouf Mamadou corre

Diouf Mamadou è un giovane senegalese. Lo incontro insieme al suo allenatore in un grande parcheggio di Miramare.
“Tutte le volte che passavo di qui e guardavo questo parcheggio mi chiedevo, chissà se un giorno potremmo trasformarlo in un circuito per allenarsi alla podistica”.

Chi parla è Sergio Giannini, allenatore. Per anni ha lavorato nelle scuole, poi, dallo scorso settembre ha costituito una società sportiva e adesso prepara i ragazzi per la corsa, il podismo e la maratona.
“Qui è dove fanno il mercato, e adesso noi veniamo ad allenarci qui. Sto seguendo parecchi ragazzi e anche due o tre senegalesi”.

Nella corsa, la storia di Sergio si intreccia con quella di Diouf Mamadou.
“Questo ragazzo corre bene, ha la meccanica, è portato. Deve allenarsi tanto, ma se mi darà un minimo di costanza può arrivare davvero lontano e farsi un nome”.

 

Quando ha aperto la sua società sportiva, Sergio ha provato a coinvolgere anche i ragazzi ospitati in alcuni alberghi di Miramare dalla Cooperativa Sociale Onlus Cad.
“Molti vengono la prima volta, corrono un po’, ma poi si stancano e vanno a cercare altro. Diouf invece è rimasto”.
Non solo è rimasto Diouf, ma si tiene anche impegnato: quando non corre va a scuola. È qui da meno di un anno ma parla un buon italiano: ascolta le domande, capisce e risponde.
“È volenteroso, ma non basta. Corre davvero bene, si vede da come si muove che il suo corpo ha la meccanica giusta, ed ha la capacità di dare vita ad un ottimo sprint finale. Ma a vent’anni c’è gente che corre da sette anni, mentre lui è all’inizio, deve recuperare. E tanto”.

 

Diouf è arrivato in Italia a 19 anni, facendo un lungo viaggio via terra, passando dal Mali, Burkina Faso, Niger e Libia. Un mese è durato tutto il percorso, più altri 4 mesi di attesa a Tripoli, prima di imbarcarsi e arrivare in Italia. Qui viene rimpallato dalla Sicilia a Bologna e poi a Torre Pedrera e infine a Miramare. E poi qui l’incontro con Sergio.

“Non avevo mai pensato a correre. In Senegal giocavo un po’ a calcio, nient’altro – dice Mamadou – Però mi piace, mi permette di conoscere persone, di allenarmi”.
“E vede che ottiene risultati, si diverte – aggiunge Sergio – sì, vince, e lo chiamano quando ci sono gare, perché corre che è uno spettacolo. Io gli auguro che possa rimanere in Italia, e che qualcuno lo noti. Se lo merita, ha la stoffa”.

Rimanere in Italia. Questa al momento è una grave incognita, perché la situazione politica, in Senegal, non è delle peggiori, e quindi, secondo la Commissione per i Rifugiati, non ci sono motivazioni per concedere a Diouf lo stato di rifugiato politico. Al termine dei ricorso in Tribunale, che serve a riesaminare la sua situazione, Diouf rischia di dover tornare a casa, e perdersi chissà dove.

“Sono andato via perché avevo grossi problemi in famiglia. Vivevo con mio padre ma non avevo la vita facile”.
Qui il racconto si fa confuso, Diouf un po’ parla, un po’ rimane in silenzio, ma si percepisce che c’è anche altro sotto, altri problemi. La conclusione rimane che non può tornare a casa, perché per lui sarebbe pericoloso. Inoltre, andare a casa in questo momento vorrebbe dire togliergli la possibilità di costruirsi un bel futuro in Italia. In ogni caso, anche in Italia non sarebbe un cammino di rose e fiori: l’allenamento prende molto tempo e come ogni sportivo Diouf dovrebbe trovare uno sponsor, o almeno un lavoro, cosa non facile in questa condizione.

“Per noi è una questione di tempo – dice Sergio – più rimane qui, più ha occasioni per allenarsi, migliorare e farsi notare, e chissà che non cambi qualcosa. Per me sarebbe davvero una gravissima perdita se fosse costretto a ripartire”.
Sergio ci crede nel futuro di Diouf e ci investe anche personalmente, tanto da pagare l’iscrizione a tutte le gare a cui Mamadou partecipa.
“Io devo ringraziarlo tanto – dice – perché mi permette di allenarmi e di gareggiare. Devo e voglio battermi per migliorare la mia condizione. Spero di averne la possibilità”.

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