Meno poveri, più povertà. La frase con cui il direttore della Caritas diocesana don Renzo Gradara presenta il dodicesimo rapporto sulle povertà ben sintetizza la complessità del drammatico fenomeno sul territorio. Se, infatti, diminuiscono le persone aiutate alla Caritas diocesana (6.079, meno 900 rispetto al 2014) come nelle Caritas parrocchiali e nelle altre realtà di accoglienza, le situazioni di disagio sono sempre più complesse.
Sono sempre di più gli utenti italiani: il 33% del totale. E di questi il 60% è riminese. Si tratta per lo più di uomini tra i 45 e i 55 anni, disoccupati, spesso separati. In aumento anche le donne, spesso con un matrimonio naufragato alle spalle, e gli anziani. Solo nella sede di via Madonna della Scala sono stati incontrati 605 italiani senza fissa dimora.
Il focus del rapporto 2015 è stato il legame tra povertà e salute. Sono molti gli italiani che, non avendo residenza, non hanno diritto ad un medico di base. Tanti anche gli immigrati con l’assistenza sanitaria scaduta. E spesso chi si trova in una situazione di povertà estrema mette in secondo piano i problemi di salute: prima deve trovare dove mangiare a dormire. Tra le patologie più frequenti: quelle odontoiatriche.
Di fronte a povertà crescenti aumentano anche le risposte del sociale. Solo la Caritas lo scorso anno ha offerto 120mila pasti, 12mila docce, posti letto a 750 persone, distribuito 500 farmaci.
La presentazione del report sarà trasmessa in integrale martedì alle 22.10 su Icaro Tv (canale 91)
L’intervento del vescovo Lambiasi:
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la sintesi:
DIMINUITE LE PERSONE INCONTRATE IN QUASI TUTTI GLI ENTI
– Le Caritas di tutta la diocesi: 6.079 persone (-900 rispetto al 2014),
– Caritas diocesana: 2.199 persone (-125 rispetto al 2014),
– Mensa dei frati: 1.844 persone (-124 rispetto al 2014),
– Capanna di Betlemme: 904 persone (-82 rispetto al 2014),
– Centri Aiuto Vita: 454 persone (+19 rispetto al 2014)
Gli Sportelli Sociali di: – Rimini: 1.238 persone (-453 rispetto al 2014), – Riccione: 340 persone (-24 rispetto al 2014) – Vallemarecchia: 154 persone (-127 rispetto al 2014), – Bellaria: 120 persone (-32 rispetto al 2014),
In tutti gli enti la motivazione principale della diminuzione degli utenti è data dal calo degli stranieri, molti dei quali sono tornati in patria o si sono spostati in altre città di Europa. SITUAZIONI DI DISAGIO SEMPRE Più COMPLESSE
– Aumento in diversi Enti di italiani, tra cui molti riminesi (il 60% tra gli italiani nelle Caritas presenti in diocesi) • la maggior parte degli italiani ha tra i 45 e i 55 anni, sono disoccupati, prevalentemente uomini, celibi o separati che vivono soli e uno su due ha problemi familiari • aumentati gli italiani senza dimora, molti in strada dai 3 ai 5 anni (607 quelli contati dalle Caritas)
• tra le donne sono aumentate quelle divorziate con figli perché non ricevono il mantenimento dai mariti
• aumentati gli anziani che non riescono ad affrontare le spese e che vivono in situazione di solitudine, per questi molte parrocchie hanno attivato servizi di pacchi viveri a domicilio e oratori per anziani.
– Tra gli stranieri sono aumentati coloro che sono in Italia da tanto tempo: rumeni, marocchini, ucraini, senegalesi, albanesi; tra questi molti vivono con la propria famiglia e i figli minori sul nostro territorio. Hanno tra i 35 e i 44 anni, sono disoccupati e non sanno come affrontare le spese per affitti, bollette e prodotti per i bambini. Dai dati delle Caritas si constata che complessivamente gli stranieri residenti nella provincia di Rimini sono 1.849, pari al 46% degli stranieri che si sono rivolti alle Caritas presenti in diocesi. I nuclei familiari che vivono sul territorio sono 1.880, in questi vivono 2.422 minori.
– Aumentati i senza dimora: 1.815 incontrati nelle Caritas (+2%). Tra i senza dimora Caritas, Capanna e Ass. Rumori sinistri segnalano: un aumento di italiani, di senegalesi e di profughi che hanno terminato i progetti di accoglienza o che hanno avuto il diniego e restano in strada.
– Tutti gli Enti hanno riscontrato un aumento di richieste di aiuti economici, in quanto sono aumentate le persone prive di occupazione. Le richieste di contributi riguardano principalmente: canoni di locazione (che risultano essere troppo elevati), bollette (spesso si è intervenuti per evitare che venissero staccate le utenze), spese mediche (ticket sanitari, farmaci, visite specialistiche), viaggi (per spostarsi in luoghi dove le persone hanno contatti in grado di risollevare la propria situazione). IL TEMA DELLA SALUTE Da diversi anni si è constatato un constante aumento di casi dove povertà e salute convivono tristemente insieme, l’Osservatorio delle povertà della Caritas diocesana ha quindi costituito e coordinato un tavolo per analizzare in modo più approfondito questo binomio.
Hanno partecipato sia enti pubblici che privati, nello specifico: Opera Sant’Antonio, Ass. Papa Giovanni XXIII, Croce Rossa, Centro Aiuto Vita Rimini, Ass. Anteas, Ambulatorio Extra-Cee, Sert, Centro di Salute Mentale, Consultorio ginecologico e pediatrico, gli Sportelli Sociali dei Comuni di Rimini, Riccione, Coriano e Cattolica. Rispetto alle situazioni di disagio più emergenti sono state evidenziate le seguenti: – persone senza dimora, non iscritte all’anagrafe; non hanno diritto all’iscrizione al Servizio Sanitari Nazionale e all’assegnazione di un medico di base, pertanto, in caso di necessità, devono fare riferimento solo al Pronto Soccorso; se necessitano di cure e di farmaci specifici, erogati solo dietro prescrizione medica, non possono contare sui servizi territoriali predisposti a tali adempimenti; – persone senza dimora, dimesse dall’ospedale; non esistono strutture adeguate che possano rispondere alle necessità di assistenza e di convalescenza; – persone completamente prive di reddito che faticano ad accedere gratuitamente ad alcuni servizi specialistici (una situazione ricorrente è quella derivante dal bisogno di cure odontoiatriche);
– persone che hanno l’iscrizione anagrafica in un Comune diverso da quello in cui effettivamente vivono; non possono usufruire dei servizi sanitari della città di dimora, se non solo dopo aver affrontato numerose questioni burocratiche; – famiglie in cui sono presenti persone con gravi problemi di salute; spesso non sono sufficientemente tutelate e supportate; le donne si fanno carico faticosamente di tutto il peso familiare e per questo non hanno possibilità di lavorare e di instaurare relazioni positive che le supportino nel quotidiano; – cittadini stranieri comunitari con iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale scaduta e privi di requisiti per rinnovarla; possono accedere alle cure specialistiche solo mediante la stipula di un’assicurazione sanitaria che costa mediamente intorno ai 300/400 euro.
Tutti i componenti del tavolo sono concordi nell’affermare che: – il diritto alla salute è un diritto universale, pertanto tutti dovrebbero avere pari opportunità di accesso ai servizi; – a livello locale, è necessario garantire le cure odontoiatriche anche alle persone con disagio economico. Si ha intenzione di dare seguito al tavolo avviato nel 2015 e di poter aprire, in futuro, un poliambulatorio per le persone indigenti, in modo davvero da poter garantire il diritto alla salute ad ogni essere umano.
AUMENTO DELLE RISPOSTE AI BISOGNI
Nonostante il calo numerico delle persone in difficoltà, diversi Enti hanno registrato un aumento di azioni a favore delle persone in situazione di disagio. Le Caritas hanno effettuato oltre 39.000 ascolti, donato 21.000 pacchi viveri di cui 2.000 attraverso un servizio di distribuzione a domicilio, offerto oltre 120.000 pasti pronti, concesso 12.000 docce accolto 751 persone per 12.000 notti distribuito 503 farmaci a 253 persone e donato quasi 200.000 euro per intervenire nelle situazioni di emergenza L’Ass. Opera Sant’Antonio ha riscontrato un aumento soprattutto per quel che concerne la distribuzione dei farmaci (2.315 contro i 1.779 dell’anno precedente), rispetto agli altri interventi sono rimasti pressoché simili a quelli dell’anno precedente escluso la media dei pasti per persona, passata da 28 nel 2013 a 31 nel 2015, in totale ha distribuito quasi 57.000 pasti a 1.844 persone. Anche la Capanna di Betlemme ha registrato un aumento di notti di accoglienza, nonostante il numero minore di persone accolte: nel 2014 aveva accolto 986 senza dimora per 17.500 notti circa, nel 2015 ha accolto 904 persone per quasi 19.500 notti.
L’Ass. Famiglie Insieme ha ricevuto 547 richieste da parte di famiglie in difficoltà, ma aiutate 367 famiglie con 340 mila euro in quanto sono aumentate le insolvenze da parte delle famiglie che in passato avevano ricevuto i prestiti e sono di conseguenza diminuiti i sussidi disponibili. Rispetto alle persone senza dimora nel 2015 è partito un nuovo progetto del Comune di Rimini, dato in convenzione alla Papa Giovanni chiamato Housing first, che ha permesso l’accesso alla casa a 7 persone senza dimora. L’Ass. Rumori Sinistri sta ospitando 42 senza dimora grazie a una Convenzione con il Comune di Rimini per l’emergenza freddo. L’Ass. Rompi il silenzio ha incontrato 147 donne vittime di violenza e ospitato 7 donne in case protette. La Croce Rossa ha aiutato circa 1.000 persone e 90 famiglie, attraverso pacchi viveri e visite domiciliari o in strada per offrire sostegno in casi di emergenza e difficoltà.
Grazie al Fondo per il Lavoro hanno trovato occupazione 74 persone su 529 candidature, delle quali 20 hanno stipulato un contratto a tempo indeterminato. Grazie al Centro di Solidarietà hanno trovato occupazione 47 persone su 440 domande. Su 784 iscritti ai Corsi di Formazione della Fondazione Enaip-Centro Zavatta, il 60% ha trovato occupazione. Su 644 assistenti familiari che hanno richiesto lavoro al progetto l’Assistente in famiglia del distretto Rimini Nord, convenzionato all’Coop. Madonna della Carità, 120 hanno trovato impiego presso famiglie che richiedevano sostegno e cura per i propri familiari anziani o malati. Tutti gli altri Enti non hanno riscontrato notevoli aumenti, ma hanno registrato circa gli stessi valori degli anni precedenti per questo si rimanda alla pubblicazione cartacea o on-line disponibile su www.caritas.rimini.it.
Il commento del deputato del PD Tiziano Arlotti
“Il rapporto sulle povertà della Caritas di Rimini mostra che ci sono meno poveri, ma che sono più poveri. Che diminuiscono gli stranieri, probabilmente migrati verso altre città e Paesi. E che sta aumentando fra gli italiani la quota dei riminesi (padri separati, soggetti deboli e in condizioni di disagio), arrivati al 60%, in modo omogeneo su tutto il territorio. La classe di età più rappresentata è quella dai 45 ai 55 anni, molti soffrono di problemi relazionali. I problemi centrali restano la casa, il lavoro e la tutela della salute diventa uno dei temi più importanti. Lo stesso trend si osserva presso gli sportelli pubblici di assistenza. Sono infine aumentati del 30% i volontari della Caritas, a conferma dell’importante ruolo che riveste l’associazione.
Contro il disagio e la povertà, abbiamo in Parlamento due importanti provvedimenti. Per la prima volta ci doteremo di una specifica legge per il contrasto della povertà (eravamo rimasti gli unici in Europa a non avere un simile strumento normativo, insieme alla Grecia). Sta per arrivare inoltre alla Camera dopo l’approvazione in seconda lettura al Senato la legge di riforma del Terzo settore. Dal 2016 sono stanziati 600 milioni di euro, più ulteriori risorse arrivando a superare il miliardo, per il contrasto alla povertà, mentre dal 2017 è previsto lo stanziamento strutturale di 1 miliardo di euro, con aiuti che per le famiglie in difficoltà possono arrivare al 400 euro mensili e la presa in carico da parte del pubblico, che coordinerà gli interventi in maniera più efficace. Negli ultimi anni abbiamo infine aumentato in misura considerevole le risorse per l’assistenza e la non-autosufficienza, così come per il recupero di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Si tratta evidentemente di politiche in netta discontinuità rispetto al passato. Il sostegno alla sussidiarietà passa attraverso una dotazione di risorse, un migliore coordinamento delle politiche messe in atto dagli enti pubblici, dallo Stato ai Comuni, e da un corretto e sinergico rapporto tra pubblico e soggetti del volontariato, della cooperazione sociale, del terzo settore”.
La traccia dell’intervento del sindaco Gnassi:
La speranza che mi anima ogni anno, alla vigilia di questo importante momento di condivisione e riflessione comune sulla povertà, è quella di poter finalmente parlare di numeri positivi, segnali di miglioramento, prospettive incoraggianti. Non ho certo affrontato i 5 anni migliori della nostra storia per farlo come amministratore e questa speranza è andata sempre in buona parte disattesa.
Purtroppo non siamo ancora nelle condizioni di poter affermare di essere fuori dalla crisi economica e, di conseguenza, neppure di segnare una forte inversione di tendenza sul tema povertà.
Questa è una prima consapevolezza che, anche se un po’ amara, noi tutti dobbiamo avere. Fortunatamente però non è tutto qui, e sono ben altre le consapevolezze, queste positive, che dobbiamo tutti avere e che vorrei brevemente socializzare con voi oggi.
Un welfare di comunità condiviso
La prima è quella che a Rimini, sulla povertà, le istituzioni e le associazioni ci sono e svolgono con grande impegno, umano, sociale, professionale e di risorse un lavoro importantissimo.
La seconda è che queste diverse realtà, negli ultimi anni, hanno lavorato insieme per proporre nei fatti un modello di welfare locale improntato non tanto e non solo all’assistenza ma anche e sopratutto alle capacità dei singoli e alle risorse di ognuno verso una progressiva autonomia.
Non è sufficiente, lo sappiamo, e i numeri che anche oggi presentate lo testimoniano, ma la strada è senza dubbio quella giusta. Anzi, forse è l’unica possibile, e sono orgogliosa che come territorio siamo stati i primi a percepirlo e a proporla come metodo di lavoro comune.
Il contributo del Comune di Rimini
Gli osservatori del Comune sulla crisi e la povertà sono molteplici, da quelli dell’abitare allo sportello sociale, dai servizi per l’infanzia a quelli per gli anziani, passando dalle famiglie con minori a quelle di padri e madri soli con fili, con situazioni devastanti dopo separazioni in cui anche l’aspetto economico ha avuto sempre più spesso un ruolo importante.
Però, alla luce di questa situazioni, dobbiamo avere la consapevolezza di avere fatto tutti delle scelte, scelte forti che hanno deciso di guardare in faccia il fenomeno, non nasconderlo ma guardarlo negli occhi e affrontarlo con un mix di pragmatismo e sogno che è tipico di noi romagnoli.
Il pragmatismo, per quanto mi riguarda, parte dal 40% di bilancio del Comune di Rimini dedicato in questi cinque anni al welfare, dalle più di 5 mila le persone ascoltate, accolte, sostenute, inseriti in percorsi o semplicemente orientate, dalle 6 nuove categorie di svantaggio prima sconosciute ai servizi e oggi invece a pieno titolo sostenute (madri sole con figli piccoli, padri separati, ultracinquantenni che hanno perso il lavoro, disagio psico-sociale, invalidi 75%, ex detenuti), dei più di 100 cittadini gli inseriti al lavoro tramite percorsi socio-occupazionali, più della metà grazie alla specifica clausola sociale inserita in tutti gli appalti del Comune di Rimini.
Oppure ai 7 nuovi quartieri di residenziale pubblico creati, grazie al quale 335 persone e famiglie hanno trovato una nuova casa, dando risposta ai casi più difficili, con strutture concepite per ospitare anche anziani soli o disabili, partendo da loro.
Uscendo dal sociale puro ma rimandendo a pieno titolo nel welfare, abbiamo voluto che nessuno rinunciasse all’educazione dei propri figli per motivi economici. Per questo abbiamo riservato risorse aggiuntive per il diritto allo studio, per sostenere nella mensa e nei trasporti, per esempio, i figli di coppie colpite dalla crisi. Siamo voluti ripartire dalla scuola, costruendone 3 nuove, offrendo in 5 anni un 7% di posti pubblici per l’infanzia in più (arrivati a quota 2.097), creando solo nell’ultimo anno 7 sezioni pubbliche nuove in quartieri dove non c’era più posto, sostenendo infine per circa l’80% la quota a carico del Comune di Rimini per le rette di asili e scuole dell’infanzia.
Poi c’è la sanità, il tema di fondo del report di quest’anno. Non aggiungero altri numeri a quelli già citati, però ci tengo a sottolineare come la scelta coraggiosa verso l’ausl unica, portata avanti insieme ai territori di tutta la romagna, abbia consentito a Rimini di rinforzare in maniera determinante la tendenza positiva di questi anni che ci ha visto recuperare il gap storico regionale in ambito sanitario, ponendoci oggi come una delle realtà più accreditate in ambito nazionale. Scelte sostenute fortemente che ci stanno permettendo di alzare il tiro, investendo risorse importanti, laddove altri territori stanno tagliando, a dimostrazione che la sanità e il benessere del cittadino rappresentano un fulcro imprescindibile dello sviluppo della nostra comunità. Il simbolo di tutto questo è il nuovo DEA che proprio in questi mesi ha visto riconosciuti finanziamenti importanti di milioni di euro, insieme ai presidi della nostra provincia, per strumentazioni all’avanguardia sopratutto nel primo soccorso, nella pediatria, nella neonatologia, in una sanità pubblica per tutti.
No alla povertà strutturale e alla guerra tra poveri
Perdonatemi se mi sono allungato troppo anche su questo tipo di dati. L’ho fatto solo per sostenere quello che deve essere non solo un sogno ma un impegno preciso, ovvero quello di non abbandonarci all’apparente ineluttabilità anche a Rimini di una povertà strutturale. Non possiamo e non dobbiamo accettarlo, ognuno facendo la sua parte.
Come non dobbiamo cadere nei tranelli di una certa sciagurata demagogia che in questo periodo di campagna elettorale torna a farsi sentire in tutta la sua faziosità.
Non cadere nella guerra tra poveri che taluni sono interessati a sostenere e fomentare, parlando alla pancia di un paese provato da anni difficili. Nei nostri servizi non esistono poveri di serie a e poveri di serie b, esistono cittadini in povertà che come tali vanno momentaneamente sostenute sulla via della ritrovata autonomia. Lo stato di bisogno viene prima di ogni altra voce.
In questi anni nei corridoi dei nostri uffici, in via Ducale, ho visto occhi chiari e pelli scure, ascoltato dialetti balcanici o nord africani, ma anche i dialetti della nostra romagna, sopratutto tra i più anziani o tra i giovani in difficoltà nel pagare gli asili. Ho visto visi conosciuti, vicini di casa, ma anche facce e visi di mondi lontani, accomunati dal comune progetto di vita nella nostra città.
Diversi, certamente, ma uniti dai bisogni, e questo è ciò che conta.
Ringraziamenti
Permettetemi alla fine di questi cinque anni di ringraziare ognuno di voi, le vostre associazioni, i vostri collaboratori. Insieme abbiamo lavorato con grande impegno nello sforzo di gettare le basi per un welfare comunitario nuovo, dove pubblico e privato fossero siano uniti dalla consapevolezza della reciproca importanza. Solo insieme abbiamo la possibilità di tornare a parlare di numeri e dati migliori, solo insieme abbiamo dimostrato di porte incidere in maniera strutturale sui fenomeni della povertà. Non è poco, ma preferisco pensare che non sia un punto di arrivo di questi cinque anni, piuttosto la base su cui gettare l’inizio, finalmente, di una inversione di tendenza forte, duratura e diffusa.
Grazie e buon lavoro