Partita lo scorso 11 settembre, la Carovana internazionale per un corridoio umanitario verso Kobane è arrivata in Turchia, ma i problemi non si sono fatti attendere.
Ecco il racconto, giorno per giorno, dell’attivista riminese di Casa Madiba, Andrea Gaspari:
11.09.2015
Siamo passati al Centro culturale Amara a Suruc (il luogo dell’attentato del 20 luglio 2015 dove persero la vita 32 ragazze e ragazzi della Federazione dei Giovani socialisti provenienti dalla Turchia e diretti a Kobane), il viaggio è stato tranquillo. Indescrivibile il nodo in gola di fronte al luogo dell’esplosione al centro Amara, i segni sono ancora dappertutto, le vetrate rotte sono state lasciate così in memoria dell’attentato, le fronde degli alberi sono bruciate, il pavimento cosparso di chiazze…
Suruc oggi è estremamente silenziosa. A seguito della chiamata della Co-Presidenza del Consiglio Direttivo della KCK( Unione delle Comunità del Kurdistan) tutte le attività commerciali e produttive della città, con l’esclusione di farmacie e forni, hanno abbassato le serrande.
Tutto ciò in sostegno alla resistenza di Cizre, assediata da 9 giorni dall’esercito turco, a seguito della proclamazione dell’autogoverno da parte della municipalità. Continua ad aumentare il numero delle vittime che si aggirano tra le 23 e le 31.
13.09.2015
Dopo aver ricordato e omaggiato i 33 ragazzi e ragazze vittime dell’attentato al centro Amara, abbiamo fatto visita al campo profughi Arin Mirxan e al campo delle famiglie dei martiri, ascoltando le loro storie di resistenza, con grande riconoscenza per la lotta che stanno portando avanti.
Successivamente abbiamo visitato il museo dei martiri di Kobane, a Misanter. Il museo è stato costruito da S. Rifat Horoz, per rendere omaggio ai caduti della resistenza. Tornando da Mehser, villaggio che già aveva ospitato diversi attivisti durante la staffetta, siamo passati al cimitero dei combattenti YPG e YPJ, in cui sono sepolti anche due ragazzi dell’attentato di Suruç.
14.09.2015
Continuano ad arrivare partecipanti alla Carovana mentre prosegue l’offensiva turca nei confronti del Kurdistan. La sera del 14 settembre il pullmino della Carovana diretto ad Urfa è stato fermato e perquisito dalla polizia. All’interno del pullman erano presenti anche i due parlamentari italiani che hanno tentato, senza esito, di opporsi alla perquisizione. Abbiamo notato che negli ultimi giorni il livello di attenzione attorno alla nostra presenza è aumentato notevolmente. Siamo costantemente seguiti e monitorati dai mezzi blindati della polizia e siamo costretti a pianificare gli spostamenti con cura.
15.09.2015
Ma è proprio durante il 15 che la stretta della polizia turca si fa più stringente nei confronti della carovana, negando l’accesso al gate di Mursitpinar e chiudendo la frontiera con il Rojava.
Continua il racconto:
Nel pomeriggio, assieme ad una delegazione locale, ci dirigiamo verso la frontiera, sui furgoni medicinali e apparecchiature sanitarie destinate agli ospedali di Kobane, quaderni e pastelli colorati per le scuole della città. Per varie settimane la municipalità di Suruc ha richiesto al governo centrale di aprire la frontiera per lasciar passare la carovana. I quattro pullman si dirigono verso il confine, sotto lo stretto controllo delle forze di polizia locale. A circa cinquecento metri dal gate incontriamo un posto di blocco: blindati e barricate mobili ci impediscono di proseguire. Decidiamo di tentare una deviazione, ma tutti gli accessi al confine sono sorvegliati. “La Turchia ci ha negato il permesso di passare” ci dicono i compagni curdi. “Il governo minaccia di chiudere la frontiera e di impedire il passaggio ad ogni tipo di merce verso il Rojava.” Il posto di frontiera di Suruc è aperto solo tre giorni a settimana, una nostra forzatura potrebbe comportare un blocco a tempo indeterminato dei rifornimenti verso Kobane.
Ripieghiamo nel vicino villaggio di Mesher, un gruppo di case sotto il sole battente, luogo strategico della resistenza, dal punto di vista sia logistico che politico. Le staffette partite dall’Italia hanno fatto spesso base qui.
Veniamo accolti da una delegazione del villaggio e dai membri dell’associazione “Rojava”, per una conferenza stampa di denuncia di ciò che sta avvenendo. “Gli aiuti umanitari verranno consegnati all’associazione Rojava, che si occuperà di farli arrivare oltre il confine”. Il copresidente del BPD di Suruc ha ribadito l’importanza della nostra presenza. “E’ oltre un mese che chiediamo l’autorizzazione per il vostro ingresso, anche solo in forma di delegazione, ma solo oggi le autorità turche hanno definitivamente intimato di non avvicinarci al confine”. Una presa di posizione chiara, che ha lo scopo di isolare Kobane tenendo lontana la solidarietà internazionale. E’ la prima volta che un’iniziativa di questo genere, lanciata pubblicamente dai movimenti, con attivisti da tutta Europa, mette al centro del dibattito la questione del corridoio umanitario, che sembra poter mettere in difficoltà il governo di Ankara rispetto ai suoi obblighi internazionali.
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