Era a Rimini dal 1998 ma non era mai entrato nei circuiti d’aiuto. Il senza tetto morto domenica scorsa vicino alla stazione viveva in solitudine. Non è stato il freddo ad ucciderlo ma una grave malattia. Una storia di emarginazione che continua ad interrogare le coscienze e che rende ancora più urgente risposte come il progetto Housing First presentato questa mattina.
Prima di tutto la casa, una casa che è non è solo uno spazio fisico, ma un simbolo di identità, di possibilità di riscatto. Si chiama la “Casa che cambia” il progetto di housing first che prevede di dare un alloggio ad alcune persone senza fissa dimora che vivono a Rimini. Il bando, promosso dal comune, è stato aggiudicato all’associazione Papa Giovanni XXIII che dal 1987 gestisce la capanna di Betlemme.
“Sarà un’opportunità grande per le persone che vivono ai margini – spiega Carlo Fabbri, responsabile Capanna di Betlemme – perché la casa significa una possibilità di ripartenza importante. Sarà anche un’opportunità per i possibili locatori che potranno avere il pagamento anticipato di un anno d’affitto e la garanzia della restituzione in buono stato dell’immobile
Già sono stati individuati tre appartamenti, ma si spera di arrivare presto a 10. Il comune in tre anni investirà sul progetto oltre 200mila euro. Si partirà dalla casa per costruire poi con gli ospiti percorsi di graduale reinserimento sociale.
“Una sfida importante – spiega Gloria Lisi, Vicesindaco di Rimini con delega alle politiche abitative – per cui il Comune di Rimini ha stanziato, da qui al 2016 qualcosa come 202.500 euro. A Rimini abbiamo deciso di intervenire in maniera particolarmente forte, proponendo un percorso, insieme alla Comunità Papa Giovanni XXIII, che ribalta completamente il percorso dei servizi di assistenza. Dare la casa, subito, ai senza tetto, in un quartiere cittadino, dentro al vivere quotidiano di un contesto sociale considerato “normale”. Dare casa e da lì partire per costruire un percorso di progressiva autonomia. La campagna comunicativa è un momento importante di questo progetto non solo per una esigenza concreta, quella di reperire degli alloggi, ma anche e sopratutto per attivare i cittadini e farli sentire parte integranti del progetto, non solo prestatori di immobili. La sfida è grande, anche ambiziosa, come è giusto che sia, ma anche parametrata sulle grandi professionalità e l’esperienza che su questo terreno ha l’associazionismo riminese”