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Emergenza casa: il resoconto del convegno promosso dall’ACER

di Redazione   
Tempo di lettura 18 min
Gio 4 Dic 2008 17:26 ~ ultimo agg. 12 Mag 18:55
Tempo di lettura 18 min

I lavori del convegno per la presentazione del Rapporto sulla situazione abitativa e le bune pratiche per la casa in provincia di Rimini sono stati aperti dal presidente di Acer, Cesare Mangianti, il quale ha sottolineato come “gli Acer, non sono quello di Rimini, sono soggetti ben gestiti” e ha ringraziato “tutti coloro, e in particolare il Direttore dell’Acer Franco Carboni, hanno lavorato a questo rapporto”.

Quindi i saluti del presidente della Provincia Nando Fabbri. Il presente ha sottolineato che il Rapporto è uno strumento conoscitivo dal quale “prendere le mosse per valutare come muoverci sul tema casa”. Fabbri ha aggiunto, più in generale, che “in momenti così difficili di trasformazioni e di cambiamenti, anche sul nostro territorio, dobbiamo stare uniti, cooperare, fare sistema, contare sulla coesione. Nessuno può fare per conto proprio. Qualche giorno fa abbiamo avuto un incontro con le banche (sono 44 le banche che lavorano sul nostro territorio) e si è convenuto che serve un orientamento comune: abbiamo chiesto loro di non smettete di finanziare la piccola e media impresa riminese. Servono percorsi per garantire il pulsare dei processi economici”. Fabbri ha quindi ribadito il “ protagonismo forte che devono mantenere i soggetti pubblici. Il mercato deve avere più etica e rispettare condizioni che solo i soggetti pubblici possono garantire. Acer deve continuare a fare questo, e deve lavorare per tagliare quei picchi di schizofrenia che spesso ci sono nel mercato abitativo”. Il presidente ha tra l’altro ipotizzato il progetto di “mettere insieme soggetti pubblici (Enti Locali, parti sociali, Fondazioni….) e anche una serie di operatori privati, perché con un apposito modello è possibile realizzare nuove abitazioni magari a canoni sociali, favorendo anche il recupero dell’investimento fatto. Ci sono le condizioni per fare questo”.

Quindi il direttore Carboni, che ha illustrato il “Rapporto”: segue una sintesi della sua relazione.

Il primo passo per affrontare l’emergenza abitativa a Rimini, è individuarne le cause. E questo è l’obiettivo principale che ci si è posti con la redazione del II “Rapporto sulla condizione abitativa e il mercato della locazione nella provincia di Rimini”, che fa seguito al primo, redatto 4 anni fa. Il Rapporto è una vera e propria fotografia – “scattata” utilizzando e incrociando dati provenienti da varie fonti – della situazione complessiva del territorio, ivi compresa quella abitativa. Un documento che si propone di essere un punto di partenza per ragionare delle buone pratiche da mettere in campo, possibilmente con spirito di condivisione e in sinergia tra tutti i soggetti che in quest’ambito stanno operando. Fermo restando che Acer, per ovvi motivi, molto sta già facendo e ha vari progetti in corso di elaborazione: situazioni anch’esse che vengono descritte all’interno del rapporto.

Le cause dell’emergenza abitativa vanno ricercate, prim’ancora che nelle dinamiche edilizie, nella struttura socio-economica del territorio della provincia di Rimini. Perché solo avendo ben chiaro in quale panorama ci si muove è possibile capire bene da dove deriva una così profonda “fame” di alloggi, ed individuare le pratiche più valide e “redditizie” per affrontarla. Dal Rapporto emerge una situazione socio-economica assai particolare a Rimini. I riminesi risultano tra i più “poveri” della Regione Emilia Romagna, con un’imponibile medio annuo procapite (dato 2004) di meno di 15.500 euro. Ma da altre ricerche emerge che la qualità della vita percepita è invece molto alta. Elemento che lascia sospettare la presenza di una consistente economia sommersa.

Non solo. Rimini è ancora un territorio molto attrattivo. La popolazione residente potrebbe superare le 300mila unità nel 2009. E negli ultimi anni si sono verificati due fenomeni sociali tutt’altro che trascurabili: l’aumento degli studenti universitari e degli immigrati. Rispetto agli studenti, si può stimare che attualmente quelli fuori sede siano circa 2.250, con un relativo fabbisogno di alloggi di 563 unità abitative. Di tutt’altre proporzioni, ovviamente, il fenomeno degli immigrati: si è passati da 3.277 individui nel 1993 a 19.779 nel 2007.

Vi è, infine, un altro aspetto che potrebbe ulteriormente intensificare l’emergenza abitativa: è verosimile (e peraltro opportuno) che in un futuro anche prossimo il territorio riminese aumenti ulteriormente la propria attrattività nei confronti dell’esterno. Si stanno realizzando nuove infrastrutture con l’obiettivo di rilanciare e destagionalizzare il turismo, ma questo potrebbe richiedere ulteriore manodopera e quindi un nuovo flusso migratorio, magari dai territorio extraprovinciali vicini.

La pressione abitativa si esercita in particolare sul comune capoluogo. Ultimamente però vi sono dinamiche per cui una quota di cittadinanza sta iniziando a spostare la propria residenza da Rimini città, e dagli altri comuni della costa, all’entroterra. Probabilmente per due motivi: il minor costo degli immobili e i maggiori spazi edificatori che contraddistinguono quei centri. Anche se primi “embrioni” di crisi abitativa, li si sta iniziando a riscontrare anche nell’entroterra. Infatti un altro aspetto che si sta manifestando ultimamente è la presenza crescente di nuclei famigliari in difficoltà con l’affitto, o più in generale con la casa, nei comuni più piccoli, come ad esempio Gemmano e Misano Adriatico.

A fronte di questa situazione, Rimini sconta una carenza storica di alloggi, ivi compresi alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica (Erp). Nel 1971 Rimini, con le sue 72mila abitazioni, risultava ultima in regione per entità dello stock abitativo. Nel 2001 era ancora ultima, con 133mila abitazioni, ma il gap rispetto agli altri era calato, e anche per gli ultimi anni, e per i prossimi, alcune potenzialità urbanistiche, residuali, nei piani regolatori sono presenti. E restano molto numerose, oltre 24mila, le abitazioni tenute sfitte. Altro elemento, la provincia di Rimini è quella in cui, negli ultimi tempi, il volume di compravendite immobiliari conserva il trend più alto, segno che da noi la crisi sembra non farsi sentire (almeno per ora). E l’alto valore degli edifici in vendita trascina in alto anche il valore dei canoni d’affitto: a livello nazionale il reddito famigliare è aumentato, negli ultimi 15 anni, del 20 per cento, mentre i canoni d’affitto addirittura del 67 per cento. Nel 2007, in provincia di Rimini, le transazioni d’affitto sono arrivate a 6.462, erano 3.806, e l’incremento è del 70 per cento.

Una fotografia questa dalla quale, nel complesso, emerge chiaramente che quella dell’abitazione è diventata una questione sociale. Le domande di accesso all’erp sono in costante crescita (e superano le duemila). I provvedimenti di sfratto pure (superano i cinquemila, la maggior parte dei quali per morosità). Storicamente la risposta a questi problemi è stata legata all’aiuto all’affitto per le famiglie, attraverso il “Fondo sociale per l’affitto” (di costituzione statale e normato anche da legge regionale) e agli edifici Erp.

Per quanto riguarda il Fondo sociale, va però registrato, negli ultimi anni, un continuo taglio delle relative risorse, tanto che, restando su Rimini, il contributo che le famiglie hanno avuto si è dimezzato nel corso degli anni. E si tenga conto che Rimini risulta tra le prime località d’Italia quanto a sfratti per morosità.

Per quanto riguarda invece gli alloggi Erp, dopo un’enorme sforzo edificatorio, registrato negli anni ’80, sia a livello nazionale che locale, ora la crescita può essere, per forza di cose, solo più contenuta. Per di più degli 800 milioni di euro annunciati dal Governo per il “Piano Casa”, 550 serviranno per recuperare circa mille alloggi in condizioni fatiscenti. Per il resto si vedrà poi l’esito degli studi e delle proposte messe in campo sotto il titolo, suggestivo anche se non nuovo, di “Social Housing”. Risultati positivi si stanno peraltro ottenendo grazie ai programmi di edilizia convenzionata, in collaborazione pubblico-privato, che ha portato alla realizzazione (in corso) di oltre 1.500 alloggi nel comune di Rimini.

Positivo pure il bilancio del servizio di reperimento alloggi per conto del Comune di Rimini, con lo scopo di rispondere a casi, sempre più frequenti, di emergenza abitativa, che Acer sta svolgendo dal 2002. Grazie a questo servizio il Comune, oltre a dare una risposta a tali situazioni, ha ridotto le spese per gli alloggiamenti che, prima, venivano forniti attraverso residence, alberghi o pensioni, con costi notevoli. A dicembre 2007 gli alloggi gestiti per queste finalità ammontavano a 104, di cui 18 a canone concertato, 37 a canone libero, 43 transitori, 12 in attesa di rassegnazione, dando risposta a 378 persone. Il canone medio è di 583 euro al mese, la dimensione media degli alloggi è di 58,82 metri. Inoltre ACER fornisce ai proprietari garanzie circa il pagamento del canone, il ripristino degli alloggi e la restituzione nei termini stabiliti. Si tratta di garanzie che nessun soggetto terzo è in grado di fornire e proprio per questo si riescono a spuntare prezzi inferiori del 26 per cento in media, rispetto a quelli di mercato. Gli alloggi attualmente gestiti con queste modalità, che ha riscosso tra l’altro il plauso del Censis, sono, in provincia, 252.

Tale aspetto merita un approfondimento, anche alla luce del dibattito, in corso, sul rinnovo del Regolamento per l’accesso agli alloggi Erp, nel Comune di Rimini. Va sottolineato, ad esempio, che per migliorare il sistema dell’edilizia residenziale pubblica sarebbe necessario che la Regione Emilia – Romagna apportasse alcune modifiche alla vigente L.R. 24/2001 che ha riformato il settore, e di questo ACER più volte si è fatta portavoce. In particolare, per fare qualche esempio, il legislatore regionale dovrebbe rivedere l’applicazione del sistema ISE/ISEE che così come previsto e disciplinato dalla legge nazionale di settore (L. 109/1998) non sempre si adatta alle necessità dell’Erp (caso degli ospiti residenti, dei redditi esenti e non computabili ecc.). Si è infatti determinato, con questo sistema di calcolo, un accumulo di assistenza impropria poiché, al vantaggio di pagare comunque un canone sociale, si aggiungono esenzioni e sconti non necessari, non richiesti e, peraltro, se confrontati con la realtà delle famiglie che vivono in affitto nel mercato privato, ingiustificati. Inoltre il limite per la permanenza dell’Erp ha superato i 48.000,00 euro. Tale limite è molto elevato, deve essere posseduto per almeno due anni, e difficilmente determina l’uscita dall’Erp di coloro che non hanno più bisogno di un alloggio pubblico a favore di coloro che, al contrario, per ragioni economiche hanno la necessità di un alloggio popolare.

Senza contare poi il numero di coloro che hanno presentato una documentazione reddituale irregolare: dai controlli effettuati dall’ACER su tutti gli assegnatari di Erp per l’anno 2005 risultano 117 assegnatari che hanno dichiarato redditi irregolari, per un’evasione complessiva di 404.013 euro, con ben 46 recidivi, per i quali può essere attivata la procedura di decadenza dalla locazione. Questi dati ci inducono a ritenere necessario procedere tutti gli anni a severi controlli e ad applicare misure sanzionatorie.

Infine tre nuove “frontiere” di lavoro: i canoni concertati, la trasformazione di strutture alberghiere che non riescono più a stare sul mercato in alloggi a canone calmierato, l’autocostruzione.

Per quanto riguarda i canoni concertati, va registrato uno scarso interesse a monte da parte dei proprietari, per cui si rende necessario lavorare in maniera approfondita sugli incentivi: la sola leva fiscale non basta. Le agevolazioni fiscali, tanto per fare solo un esempio, fanno premio per alloggi medi e grandi, mentre per le piccole superfici (bilocali, o anche trilocali fino a 45/50 metri) risultano difficilmente competitivi. A livello di incentivi, invece, i Comuni potrebbero spingere il più possible l’acceleratore dell’incentivo Ici, fino al massimo consentito dalla legge, per “invogliare” i privati proprietari.

Per quanto riguarda il recupero alberghiero, bisogna innanzitutto osservare che nel corso degli ultimi anni sono cresciuti gli alberghi a tre a quattro stelle, mentre sono usciti dal mercato pensioni ed alberghi a una o due stelle. Per dare un’idea della grandezza del fenomeno e del processo di ristrutturazione in atto si tenga conto che negli anni dal 1999 al 2007 gli alberghi ad una stella sono passati da 629 a 287, quelli a due stelle da 1.048 a 592: nel complesso fornivano, nel 2007, il 25 per cento dei posti letto rispetto al 77 per cento del 1987. Queste strutture, situate per lo più a monte della ferrovia, hanno goduto di una “buona uscita” urbanistica, ma senza alcuna “contropartita sociale” per la collettività e gli enti locali.

Ora si potrebbero individuare, con un apposito bando pubblico, sulla base di criteri rigorosi e chiari, ancora una sessantina di piccole strutture alberghiere riconvertibili in questo senso, situate in alcune specifiche aree (che andranno individuate nel bando), a mare della ferrovia, lungo tutta la costa provinciale. Si potrebbe allora dar vita ad una grande operazione di recupero e perequazione, che consentirebbe la realizzazione di un migliaio di alloggi bilocali o trilocali: le tipologie più richieste. Al titolare potrebbe venire concessa la possibilità di cambiare la destinazione d’uso della propria struttura in cambio dell’utilizzo degli alloggi ricavati per 15 anni in affitto a canone calmierato. Oltre alla risposta fornita direttamente, quei mille alloggi potrebbero rappresentare un valido calmiere sul mercato degli affitti.

Infine l’autocostruzione: si tratta di un processo di produzione residenziale nel quale i futuri proprietari costruiscono materialmente le proprie abitazioni prestando opera manuale nei periodi non impegnati dalla principale attività lavorativa (fine settimana, ferie). E’ una pratica edilizia con precise modalità e tecnologie costruttive diretta ed assistita da professionisti, ancora poco diffusa in Italia. Questa pratica è possibile grazie a materiali, prodotti, componenti e tecnologie “facili” oggi presenti sul mercato (l’industria adeguandosi alla costante dequalificazione della manodopera nel settore edile ha prodotto nuovi materiali e tecnologie a prova di “incapace”). E’ quindi possibile progettare e costruire tipologie edilizie “lineari e semplici” (case a schiera a due piani) con un elevato confort abitativo (massima attenzione all’uso di materiali ecologici ed al risparmio energetico); rispettare e praticare la buona prassi costruttiva e le norme di sicurezza sul lavoro (corsi di formazione) ed utilizzare attrezzature adeguate ed a norma.

Il risparmio rispetto al mercato privato si può quantificare in base a questi fattori:

costo area, con l’aiuto delle pubbliche amministrazioni, materiali e fornitura: dipende da chi compra, i costi unitari variano in base alle quantità; vi è inoltre il taglio dei consulenti e degli intermediari, manodopera: il risparmio dipende dalle caratteristiche dei soci autocostruttori, se sono impiegati o persone che fanno già lavori manuali: si può dire che si va da un 50 all’85 per cento, tempi di realizzazione: sono molto importanti perchè la banca, che finanzia con il cosiddetto prefinanziamento a stato di avanzamento lavori, vuole subito dal primo mese e tutti i mesi di seguito gli interessi sul prefinanziamento: ne consegue che più tempo ci si mette e più interessi si pagano (la media va dai due ai tre anni). Acer sta realizzando un progetto di autocostruzione con bioedilizia, a San Giovanni in Marignano, che prevede la realizzazione, in corso, di 18 alloggi

Hanno collaborato alla redazione del Rapporto:

Dott. Matteo Rocchi

Redazione dei testi a cura di Alessandra Atzei, Franco Carboni, Matteo Rocchi

Segreteria organizzativa: Cristina Bacchini

Supporto informatico: Nikol Bali

Grafica: Colpo d’occhio Rimini

Stampa: La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio

E se la relazione del direttore Carboni ha prefigurato una fedele fotografia dell’esistente, sul tema dell’emergenza abitativa, la successiva tavola rotonda ha “partorito” l’intenzione, da parte di tutte le parti intervenute, di stipulare un vero e proprio “patto per la casa”, aperto ovviamente anche a chi, oggi, non era presente.

Il concetto di fondo è quello di mettere a sistema gli investimenti e gli sforzi per non disperdere le risorse. Si valuterà quindi se sia possibile, con un impegno sulle aree da parte dei Comuni (era presente il sindaco del Capoluogo Alberto Ravaioli), col coordinamento della Provincia, con uno sforzo dei costruttori a realizzare alloggi a prezzi il più possibile concorrenziali, insieme ad enti no profit quali la Diocesi, eventualmente fondazioni, e non si potrà prescindere dalle banche, riuscire a realizzare ancora dell’edilizia pubblica da utilizzare poi nelle forme che si valuteranno. Il tutto, ovviamente, senza trascurare la tutela del territorio e senza fare passi indietro rispetto, ad esempio, alla ristrutturazione e al riuso dell’esistente.

Il sindaco Ravaioli, nel suo intervento, ha ricordato, cifre alla mano, quanto fatto da Palazzo Garampi in questi dieci anni: 30 milioni di investimenti che hanno portato alla realizzazione di 423 alloggi e altri 1.440 sono in costruzione, “oltre al contratto di quartiere qui di via Pascoli, che abbiamo però ereditato da altri” (per la precisione da fondi Acer, di Stato e Regione). Inoltre, “abbiamo messo a disposizione 119 alloggi per l’emergenza abitativa e il Palace Hotel per farne uno studentato da 100 posti, che sarà pronto entro il 2010. Proprio ieri abbiamo fissato, coi costruttori, il costo degli alloggi popolari che si realizzeranno a Gaiofana”. Lamentando, come d’altra parte un po’ tutti gli interlocutori della tavola rotonda, la “sparizione” delle risorse statali sul tema casa (“così come peraltro sulle infrastrutture e la depurazione”), e una scarsa attenzione anche da parte degli altri enti sovraordinati, Ravaioli si è detto profondamente interessato ad ipotesi di collaborazione col privato per la realizzazione di alloggi a prezzi accessibili, laddove ancora possibile. Porte aperte anche “al riutilizzo di abitazioni ad esempio in via Garibaldi, o a Borgo Marina: l’ente sarebbe disponibile a fare la sua parte, ma nonostante l’insistenza, su questo punto nessun costruttore si è mai presentato con un progetto” ha precisato Ravaioli. Disponibilità a fare, e a lavorare concretamente su alcuni progetti, “l’ho per ora trovata nella Diocesi” ha sottolineato il primo cittadino di Rimini che, sull’ipotesi della trasformazione di alberghi poco remunerativi in alloggi ha chiarito: “La ‘Variante Alberghi’ prevede che queste strutture non escano dal mercato turistico ma vi restino per creare servizi al turismo. Però non escludo che vi possano essere dei margini per ragionare di questo progetto”.

Stesso abbrivio, su questo stesso tema specifico, anche da parte dell’assessore provinciale alla Casa Fabrizio Piccioni: “Fermo restando che in quelle zone la vocazione deve rimanere turistica, un margine di lavoro per la realizzazione di ‘alloggi sociali’ ci può essere: parliamone”. Anche Piccioni ha ricordato che la provincia di Rimini sconti un gap storico sul fronte degli alloggi popolari, ed ha esortato a muoversi rapidamente, insieme, per affrontare il problema, “perché la crisi incombe, e molto, sulle famiglie. Come ha detto il presidente Fabbri dobbiamo fare sistema – ha ribadito – noi, come Provincia, stiamo provando a dare un segnale attraverso un fondo, che abbiamo stanziato, mirato al sostegno delle imprese e delle famiglie: a queste ultime non con sussidi ma con fondi per abbattere, ad esempio, l’affitto o il mutuo”.

E all’offerta dei pubblici amministratori ha risposto positivamente Ulisse Pesaresi, presidente dell’Ance (l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili), precisando però che il problema è delle aree: “Se ci sono aree a basso prezzo, o meglio ancora gratuitamente, noi si è in grado di costruire anche sotto i 1.500 euro al metro quadrato. Ma il terreno è un nodo cardine. Poi – ha concluso Pesaresi – anche le banche devono fare la loro parte, perché se i tassi continuano a crescere, tutto diventa più difficile”.

Un richiamo all’eticità degli interventi, anche in campo edilizio, è venuta da don Antonio Moro, direttore della Pastorale Sociale della Diocesi “perché la casa è anche un bene sociale, non solo un bene di consumo”. Don Moro ha ribadito quelle che sono le proposte della Diocesi, e cioè la sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza sul problema; l’impegno da parte degli enti ecclesiastici che possiedono beni o immobili, ad essere attenti alle famiglie in difficoltà; un continuo stimolo nei confronti degli enti locali (“ad esempio il Comune di Rimini, nel piano strutturale che sta realizzando, tenga conto che con questa crisi il problema casa si potrà accentuare”), la costituzione di un tavolo di confronto sul tema.

Ha sottolineato in particolare la scarsità di mezzi disposti dal Governo e dagli enti sovraordinati, il segretario provinciale della Cisl Massimo Fossati: “Lo Stato dovrebbe invece rimettere in testa alla sua agenda politica il tema della casa”. Fossati ha poi osservato come, “bolla speculativa o meno, qua i prezzi delle case non stanno certo cominciando a scendere, e neppure i canoni”, per cui “è inutile nasconderci, servono risorse sia per costruire sia per sostenere i canoni di chi non ce la fa”. Fossati ha poi fortemente stigmatizzato l’affitto speculativo nei confronti degli immigrati.

Traendo la conclusioni della tavola rotonda, il presidente di Acer Cesare Mangianti ha spiegato che, proprio in virtù del taglio di risorse a livello superiore, “da nessuna parte si può costruire. Rischiano di restare fermi anche i bandi che erano già previsti”. Mangianti ha anche sottolineato l’importanza di realizzare alloggi popolari il più possibile integrati nel tessuto urbano “come questo di via Pascoli”, per evitare poi, in futuro, problemi sociali. “E per questo – ha proposto al Comune – si potrebbero pensare interventi in via Garibaldi”. Sottolineando che non vi saranno più “svendite di alloggi Acer come in passato, e che se mai le dismissioni saranno a prezzi di mercato, e il ricavato utilizzato ovviamente per realizzare nuovi alloggi”, il presidente dell’Agenzia per la Casa ha auspicato il massimo impegno da parte di tutti, Enti Locali, ambienti no profit (Diocesi) e così via, proprio per rendere più proficuo il “patto per la casa”, in un rapporto “se possibile più equilibrato che in passato con il privato”.

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