Gnassi su questione nomadi: serve pragmatismo, non frasi vergognose
Sulla questione dei nomadi a Rimini ci vuole pragmatismo. Anche nel richiedere alle famiglie inserite nel progetto il pieno rispetto degli obblighi. Il sindaco di Rimini Andrea Gnassi interviene a seguito della discussione di ieri sera in Consiglio Comunale (alla quale non era presente), stigmatizzando le parole di alcuni consiglieri di maggioranza e facendo un parallelo – senza fare nomi specifici – coi “nomadi della politica”, ovvero chi è in Consiglio pur avendo poco di riminese. E come ieri sera in Consiglio il vicesindaco Lisi (“Se aveste qui davanti i tredici bambini forse urlereste di meno”), anche il sindaco Gnassi fa leva sui figli delle famiglie in questione.
L’intervento del sindaco Gnassi:
Da persona che crede e si riconosce nella democrazia, dico che le condizioni inaccettabili di via Islanda mi portano anche a capire le preoccupazioni dei cittadini. Ma in ogni caso non condivido la scelta dell’opposizione di cavalcare la vicenda nomadi esclusivamente in chiave strumentale. Agitare la bandiera della paura, del pregiudizio e della discriminazione su base etnica verso 11 famiglie italiane, con bambini, donne, uomini, anziani, persone malate, alcune residenti a Rimini da diverse generazioni (e dunque, se giudicate con la bizzarra logica della stretta territorialità, molto più riminesi di consiglieri che non sono nati, vissuti né abitano e vivono a Rimini, questi sì veri e propri ‘nomadi’ della politica), apparentemente dà visibilità e riscontro. Ma in realtà equivale a bruciare ponti, case, scuole, fabbriche dietro le spalle quando si è in fuga. Esiste il diritto dell’opposizione persino di cercare il consenso sulle macerie e sulla desolazione morale. Così come esiste anche il silenzio da parte di qualche anima bella che, sono sicuro, urlerà allo ‘sceriffismo’ quando entreranno in vigore le nuove norme nazionali sulla sicurezza urbana, ma per ora conviene una muta passività per non mettersi contro nessuno.
Ma a me non interessa. Su vicende come questa bisogna essere pragmatici, prima che portatori di analisi nobili o vergognose. Pragmatici vuole dire attuare il metodo che ci si è dati qualche mese fa:
- a) istituzione di un tavolo di lavoro interno alla maggioranza consiliare che ha come esclusivo obiettivo il superamento della degradante, intollerabile, pericolosa situazione creatasi in via Islanda, attuando soluzioni abitative fisse o mobili per le 11 famiglie residenti, distribuite omogeneamente sul territorio comunale per favorire la piena integrazione;
- b) redazione di una convenzione che impegni giuridicamente le famiglie coinvolte dal progetto al rispetto di una serie di obblighi (dal pagamento delle utenze alla frequenza scolastica, dalla pulizia delle aree esterne e delle aree pubbliche confinanti ai controlli periodici sulla corretta gestione dei luoghi), pena la decadenza del programma e il conseguente obbligo di ripristino dello stato dei luoghi. Anche su questo bisogna essere chiari: questo programma basato su una specifica legge regionale pretende, esige, impone comportamenti legalitari, civili e rispettosi da parte di chi è coinvolto. E la sfida riguarda prima di tutto queste famiglie: impegnatevi, fatevi vedere come persone di questa città che vogliono integrarsi, senza sbandamenti o alibi verso chi sgarra.
Questo è essere pragmatici in una città civile e rispettosa degli altri, e su questo l’amministrazione comunale sta lavorando e lavorerà. Non c’è da stupirsi di frasi vergognose come quelle pronunciate in consiglio comunale da rappresentanti politici e non solo loro. Ma si stia attenti ad appiccare incendi fino alla demonizzazione, collettiva e individuale.
Più che Costituzione, leggi europee, nazionali e regionali, il miglior deterrente a tutto questo è e sarebbe il viso di uno dei tredici bambini che ora vivono con le loro famiglie in via Islanda. Ai politicanti senza uno straccio di soluzione alternativa concreta, e quindi senza pudore, dico: andate a dire sulla faccia di quei bambini che sono ladri, delinquenti, criminali della peggior risma in base all’etnia e non a quella che i codici – tutti, nessuno escluso al mondo- definiscono responsabilità individuale.