Celiachia, è boom. Ristoranti e alberghi, attenzione agli obblighi!
Cresce di anno in anno il numero delle persone affette da celiachia.
A fine 2015 la relazione annuale al Parlamento, pubblicata dal Ministero della Salute, ha stabilito che in due anni, dal 2012 al 2014, questo numero è cresciuto addirittura del 15%, arrivando a un totale di oltre 172mila celiaci in Italia. Il numero effettivo potrebbe però essere ben più alto: si stima intorno alle 600mila unità, visto che la malattia non sempre viene diagnosticata a causa del quadro clinico molto variabile. Quasi la metà dei malati di celiachia (il 48 %) è concentrato nel Nord Italia, e in Emilia Romagna i celiaci sono passati da circa 12mila nel 2012 a 14mila nel 2014.
L’unico trattamento attualmente disponibile contro la celiachia è l’eliminazione completa e permanente del glutine dalla dieta. A parte i disturbi specifici, a carico dell’intestino, c’è un “disturbo” provocato dalla malattia, messo in evidenza da tutti gli studi e i rapporti: gli effetti sulla vita sociale delle persone, che sempre più spesso si sviluppa proprio attorno alla tavola. Cene di lavoro, con la scuola, con gli amici e in famiglia scandiscono la nostra vita sociale. Crescendo il numero dei celiaci, aumenta così anche il numero delle attività che si attrezzano per venire incontro alle esigenze di questa crescente fetta di mercato.
Ma ristoranti e alberghi hanno responsabilità precise nel momento in cui scelgono di preparare questi pasti. Responsabilità messe nero su bianco dai provvedimenti legislativi, disposizioni e linee guida emanati da Ministero della Salute, Regioni e Ausl, cui si affiancano le linee guida dell’Associazione Italiana Celiaci (AIC). Obiettivo di queste disposizioni è portare gli OSA (Operatori Somministrazione Alimenti) ad agire un corretto controllo su tutte le fasi produttive dei pasti per celiaci evitando le contaminazioni crociate.
Ma le aziende sono preparate? Nella maggioranza dei casi dicono di sì, ma alla prova dei fatti c’è spesso qualche aspetto che sfugge, secondo l’esperienza di PAGEAMBIENTE, società riminese di consulenza ambientale e sicurezza sul lavoro che opera non solo a livello locale e che su questo tema svolge un servizio di consulenza HACCP. Due i capitoli in tema di obblighi: la preparazione degli alimenti e l’informazione sugli allergeni presenti nelle preparazioni.
“Ci sono casi limite, ovvero quelli di chi pensa che acquistare prodotti senza glutine sia sufficiente. Più generalmente, c’è una sottovalutazione del “rischio” da contaminazione, che invece è molto facile creare: basta una spolverata di grembiule a contaminare o le mani sporche di farina” spiega Alessandro Martinetti, amministratore di PAGEAMBIENTE. “Ad esempio, nella conservazione in magazzino dei prodotti che verranno usati per la preparazione dei pasti per celiaci, anche le verdure che userò per quelle preparazioni dovranno essere tenute in una zona separata da quella dove stanno i prodotti contenenti grano. C’è poi tutto un capitolo sulla conoscenza degli alimenti contenuti nei prodotti: prendiamo il caso dei succhi di frutta già pronti, spesso non si considera il fatto che come addensante è usato l’amido” spiega ancora Martinetti. Il compito dei consulenti è insegnare a gestire le procedure e i controlli, verificando se la struttura è in grado di sostenerle.
Possibili le sanzioni per chi non ottempera agli obblighi, ma la partita oggi sembra davvero giocarsi più che altro sul mercato, nel senso che alberghi e ristoranti che curano questo aspetto compiono di fatto un’operazione di marketing – oltre che un importante servizio sociale – che ha sempre più appeal. Basta guardare le recensioni delle attività sul web, con le informazioni sulla preparazione per celiaci sempre più in primo piano. Anche l’Aic ha redatto un opuscolo di strutture aderenti, visitate dagli esperti dell’associazione che ne hanno testato la validità.
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