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Cronaca Rimini

Operazione 'Marmo Nero': rischia di saltare processo dei vip

In foto: Avevano rastrellato 83 miliardi delle vecchie lire tra centinaia di investitori italiani, vendendo azioni di una 'fantomatica' miniera di marmo nero a Los Dos Paisanon, in Perù.
Avevano rastrellato 83 miliardi delle vecchie lire tra centinaia di investitori italiani, vendendo azioni di una 'fantomatica' miniera di marmo nero a Los Dos Paisanon, in Perù.
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mar 31 ott 2006 19:34 ~ ultimo agg. 00:00
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Ora, a distanza di dieci anni dagli arresti e 60 udienze (dieci preliminari), il processo per la
colossale truffa salterà. Questo in seguito ad una recente sentenza della Corte Costituzionale che, intervenendo sulla legge ex Cirielli, stabilisce che i nuovi termini sulla rescrizione devono essere applicati anche ai processi pendenti in primo grado già pendenti. Tra questi rientra anche la cosiddetta indagine sul ‘marmo nero’, condotta da Guardia di finanza e Polizia, che scoppiò con grande clamore nel dicembre ’96 con l’arresto di 17 persone. Nel mirino degli investigatori finì la New Bank Limited, con sede nello stato di Saint Vincent e Grenadines, istituto di credito ‘off shore’ non autorizzato ad operare in territorio italiano. Furono però la presenza tra le vittime di personaggi del calibro di Roberto Baggio, Billy Costacurta (19 mila dollari), Massimo Carrera (allora capitano dell’Atalanta che investì 350 milioni), Silvano Martina (ex portiere del Genoa, 100 milioni), Sebastiano Rossi (59mila dollari con la moglie) e del cabarettista Stefano Nosei, a offrirne, almeno inizialmente, grande visibilità. Il ‘codino’ sulla cava di marmo nero, in Perù, aveva investito sei miliardi di lire. Il calciatore uscì però subito dall’inchiesta: dopo essere stato interrogato dalla Finanza nel ’97 a Forli’, preferì non rivendicare pubblicamente
i soldi investiti, né querelare il suo procuratore dell’epoca, finito inizialmente tra gli indagati. L’aula ha però mostrato come la gran parte degli investitori fosse composta da artigiani e imprenditori medio-piccoli: un
fioraio ha raccontato di aver investito, e mai riavuto indietro, un miliardo di lire. Il processo nacque subito male: nell’ottobre 2000 il decreto di rinvio a giudizio nei confronti degli allora 37 accusati fu dichiarato nullo per vizi di carattere formale. Nuove leggi costrinsero alla riscrittura dei capi d’imputazione. Alla sbarra rimangono, ancora per poco, 8 delle 32 persone (tra cui diversi operatori finanziari iscritti all’albo e inseriti in società autorizzate) inizialmente rinviate a giudizio. Grazie alle prime prescrizioni intervenute per i ‘partecipanti’ (sospettati di truffa e frode bancaria), era
infatti rimasta in piedi finora solo l’accusa più grave, quella di associazione per delinquere finalizzata all’illecita intermediazione finanziaria. A condividerla erano i due
finanzieri genovesi Armando e Thierry Nano, di 81 e 49 anni; il loro braccio destro Mario Berton, romano, 71 anni; i promotori Gianpietro Casini, Gian Paolo Pelliciari, Carole Dana, Gaetano Papagni, Learco Geri. Quest’ultimo, difeso dall’avvocato riminese Roberto Brancaleoni, sta valutando la possibilità di
rinunciare alla prescrizione.
Il processo andrebbe avanti solo per lui e in caso di condanna, anche minima, sarebbe chiamato a pagare spese processuali milionarie. Un’eventuale assoluzione gli eviterebbe però la causa civile, unica strada per gli investitori che oggi si sentono, oltre che truffati, anche beffati. (ANSA).